Era l’ultimo anno dei tagli previsti dalla riforma Gelmini e questo si sapeva; quello che non si immaginava era che la scuola della nostra Provincia, già ridimensionata notevolmente negli anni scorsi, subisse un altro duro colpo.
Saranno 82 i posti in meno per la sola scuola primaria, saranno 82 in più i precari della scuola primaria: precari a 30, 40 anni che fino ai primi giorni del nuovo anno scolastico non sapranno dov’è la cattedra che li aspetta. E quelli che già quest’anno erano precari? Vedranno allungarsi nei mesi estivi la fila all’Ufficio Scolastico Provinciale per chiedere informazioni, elemosinare un posto di lavoro dopo 10, 15 anni di onorato servizio, precario.
Molte le domande a cui il governo non risponde.
- Saranno riaperte le graduatorie ad esaurimento, nate con lo scopo di dare una sistemazione definitiva ai precari della scuola? E se saranno riaperte, ci sarà davvero l’inserimento “a pettine” (cioè in base al punteggio) di chi 2 anni fa si è inserito in coda, cioè in fondo, alla nostra graduatoria provinciale e ora ha ottenuto dalla Cassazione di essere inserito a pieno titolo?
- Come e da chi sarà valutato l’inefficienza di quel 25% di insegnanti che per legge il Ministro Brunetta ha stabilito debba esistere all’interno di ogni istituzione scolastica e che pertanto non merita riconoscimenti e incentivi? Come e da chi sarà valutato il merito di un altro 25% di insegnanti che secondo il Ministro della pubblica amministrazione è più capace e più meritevole dei colleghi?
- E le nostre scuole come funzioneranno? Quale offerta didattica si riuscirà a offrire? È difficile pensare alla personalizzazione degli apprendimenti con classi sempre più numerose, con bambini stranieri inseriti senza conoscere una parola di italiano e senza nemmeno un’ora di compresenza, un’ora di aiuto da parte di un facilitatore o di un mediatore culturale, con bambini disabili seguiti da un’insegnante di sostegno che dovrebbe avere il dono dell’ubiquità per lavorare contemporaneamente con bambini di età diversa, con difficoltà diverse, con bisogni diversi, in classi diverse.
Il Ministro Gelmini ha dettato le regole per la costituzione delle future classi prime:
no a classi prime a tempo pieno se dalla stessa scuola non escono classi quinte a tempo pieno;
no a classi prime con meno di 15 alunni;
no a classi prime con un tetto massimo di alunni quando è presente di un bambino con una certificazione di disabilità.
Di conseguenza:
sì alla costituzione di classi con un numero elevato di alunni anche in presenza di soggetti diversamente abili che necessitano, più degli altri, di un insegnamento individualizzato, se si mira a una reale integrazione degli stessi
sì allo spostamento di alunni (i primini) da un plesso ad un altro, da un comune ad un altro con conseguente futura “morte” del plesso di provenienza
sì al mancato rispetto della scelta delle famiglie rispetto al tempo scuola per i propri figli (27ore- 30 ore- tempo pieno)
sì all’assunzione di nuovi oneri da parte degli Enti Locali
C’era una volta una bella scuola primaria statale pubblica che funzionava, che produceva risultati migliori in Europa, in cui tutti erano uguali, tutti erano aiutati perché c’erano le risorse umane e finanziare per poter offrire questo aiuto. C’era una scuola in cui si facevano progetti, si facevano attività musicali, sportive, teatrali, c’erano esperti formati che mettevano a disposizione il loro tempo e le loro competenze.
Ora c’è una scuola che “tira avanti”, che arranca.
E domani che scuola ci sarà? Una scuola privata, finanziata anche dallo stato, lussuosa e piena di confort e una scuola statale Cenerentola che prende le briciole? Una scuola pubblica che dovrà sempre più chiedere aiuto alle famiglie, alle amministrazioni comunali per cercare di mantenere la qualità del servizio offerto?
Tutti dovremmo indignarci di fronte a questo sfascio della scuola pubblica, non solo chi nella scuola ci lavora, non solo chi ci manda i figli, i nipoti, ma tutti perché la scuola forma le generazioni del futuro, la scuola è un bene comune.
Claudia Quadri
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