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venerdì 1 luglio 2011

LE MEMORIE DI FAUSTO SIDOLI: "GAMBE IN SPALLA... VERSO TIRANO"

[PARTE 32] Gli adulti dei nostri amici, lavorano a Crema, dove hanno attività industriali e sono già titolari di un documento che attesta il loro transito sul Po per necessità di raggiungere il posto di lavoro. Si interesseranno per farci avere un permesso di lavoro, così da farci passare sul ponte del Po come loro dipendenti. E' gente coraggiosa perché rischiano per noi...

Intanto passano alcuni giorni in questa valle. Finalmentearriva il giorno in cui si arrischia il passaggio del Po. I nostri amici hanno anche l'autorizzazione a viaggiare in macchina e così ci imbarchiamo tutti. Anche noi due con documenti rilasciati dalla Commandantur tedesca in qualità di dipendenti.
Tutto avviene con estrema facilità e siamo a Crema. Da dove il mio amico ed io proseguiamo per Milano con altri mezzi di fortuna. A un certo punto ci lasciamo, il mio amico entra a Milano, io che devo andare in Valtellina, giro alla larga e faccio pressapoco il tracciato dell'attuale tangenziale Est ed arrivo alla sera a Carnate. Dove decido di prendere il treno.

E' un giorno che sono in giro e non mi sento di andare a piedi a Tirano. Prendo un treno che giungerà a Sondrio oltre la mezzanotte. Sono seduto in uno scompartimento di terza classe, e seduto vicino a me sento il corpo femminile di una persona che non ho neanche la possibilità di vedere data l'oscurità. Cos'è cosa non è, ci avviciniamo sempre più fino a scambiarci alcune carezze e così abbracciati ci illumina il faro di una torcia di soldati che controllano i viaggiatori. Non apro gli occhi, nulla ci chiedono ed il nostro viaggio prosegue. A Colico la mia incognita compagna di viaggio mi invita a scendere, ma io proseguo il mio viaggio: mi rimane il ricordo di un seno sodo e prosperoso.

Arrivo a Sondrio verso la una. Gambe in spalla un'altra volta ed mi metto in cammino verso Tirano.
Tutto è buio, non una luce, anche le poche persone che con me sono scese a Sondrio sono scomparse nell'oscurità. Per fortuna il tempo è buono. Allora appena fuori Sondrio, dopo l'attuale Ospedale non vi erano costruzioni, salvo un piccolo gruppetto di case poco prima del ponte sul Davaglione. Non vi è una luce, neppure sui paesini sparsi sui monti. Tutto è oscuro e silente. I miei passi sulla strada non sono rumorosi, perché le mie scarpe hanno suola di gomma. Salgo la Fiorenza, scendo a Chiuro, cammino verso S. Giacomo, non incontro anima viva.

Sono un uomo che percorre strade in mezzo a paesi popolati, ma è come se vagassi nel deserto. Dopo S. Giacomo comincio a pensare al bivio di Tresenda: sarà controllato? Vi sarà un posto di blocco? Incontrerò militari di guardia o forze di polizia? L'interrogativo mi assilla ed entrando alle prime case di Tresenda mi accorgo di camminare nelle zone di maggior ombra, anche se la notte è ancora scura. Aguzzo la vista ma non noto nulla di anormale e così supero l'incrocio per l'Aprica ed imbocco il lungo rettilineo che porta verso Bianzone. Incrocio la prima persona, è un operaio che si reca al lavoro e viaggia in bicicletta, io sul lato destro, lui sul lato sinistro ci auguriamo con cautela un Buon Giorno.

Dopo Bianzone comincia ad albeggiare ed incontro un carretto di contadini che vanno in campagna, anche se la guerra continua i lavori in campagna non si arrestano: a Villa di Tirano ed il lungo rettilineo mi dicono che la gente va al lavoro, incontro contadini, carretti ed alcuni ciclisti. Finalmente entro in Tirano, passo il ponte vecchio e senza passare sotto la porta Poschiavina imbocco il viottolo a me ben noto che corre di fianco all'Adda; sono in piazzetta Rho e vedo l'angolo di casa mia. Il portone è socchiuso ed al primo piano suono il campanello e la voce della mamma domanda: "Chi è?" Non è necessario dire la risposta e un lungo abbraccio con lacrime mi accoglie in casa.

La mamma ed Anna Maria non credono ai loro occhi e mi dissetano e mi sfamano con le loro modeste provviste. Poi un lungo sonno mi rida energia.
Ed ora cosa faccio? Riallaccio le vecchie amicizie tiranesi e si ragiona su cosa fare. Molti sono rientrati a casa avendo lasciato l'esercito, io sono in Tirano l'unico marinaio in servizio. La principale preoccupazione è che si venga richiamati da un nuovo esercito in via di formazione. Altra preoccupazione è che i tedeschi ci raccolgano per l'invio in Germania, o come lavoratori o come compartecipi del loro esercito. Si hanno poche notizie su ciò che ha fatto il Re d'Italia, si sa solamente che è andato al Sud, ma la frase di Badoglio "la guerra continua" crea interpretazioni di diverso tipo e così siamo tutti molto confusi.

A cura di Ezio Maifrè

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