Durante il lungo periodo della dominazione dei Grigioni in valle, i Podestà, al fine di garantire la sicurezza e la legalità nei territori sotto il loro controllo, emanavano, si può dire con grande frequenza, le famose gride ovvero delle regole a cui tutti, abitanti e forestieri, dovevano attenersi... (Di Ivan Bormolini)
Oltre a queste gride, nel caso di Tirano vi erano delle leggi o disposizioni permanenti in materia amministrativa e giudiziaria raggruppate negli “Statuti della Magnifica Università di Tirano”.
Tra queste leggi vi erano quelle atte a tutelare gli abitanti in materia di giustizia ovvero gli “Statuti Criminali” nei quali erano contenute le norme che punivano i misfatti; questi statuti erano pressoché uguali per tutta la valle.
Le pene più leggere erano gli “squassi” o “tratti di corda”: colui che era giudicato colpevole veniva legato con una corda con le mani dietro la schiena e sollevato da terra con opportuni cavalletti.
Un’altra pena, considerata tra le più miti, era l’esposizione del reo alla “berlina”; questa berlina era un apposito luogo ben in vista nella piazza del Pretorio, oggi piazza Cavour, dove il colpevole veniva legato con la catena la collo e lasciato alla pubblica vista dei passanti per il tempo determinato sulla base del reato. Vien da pensare alle ingiurie che i passanti dicevano a colui che era esposto su questa berlina, parole di disprezzo e sguardi che forse parlavano più delle ingiurie stesse.
Tra le pene più raccapriccianti vi erano quelle riservate al pubblico bestemmiatore:
“Colui che bestemmia per la prima volta sarà legato per il collo alla “cadena pubblica”, per la seconda volta sarà frustato e per la terza volta gli sia tagliata la lingua”.
Ancor più severe erano le pene riservate a chi tentasse di ordire una congiura contro lo Stato. I nostri occupanti e governati Grigioni infatti ci tenevano molto a mantenere il potere e chi tentava di minare in qualche modo a questo doveva aspettarsi una pena esemplare quanto di estrema violenza:
“La persona che ardisca a far cospirazione contro l’honore e il bene delle Eccelse Tre Leghe sia strassinato vivo alla corda di un cavallo fino al luogo di Giustizia e sia diviso prima per mezzo e dopo in quattro parti, le quali parti ad ammaestramento degli altri siano lasciate appiccate al pubblico spettacolo”.
Come dire “cospiratore avvisato mezzo salvato” e vien pure da pensare che coloro che transitavano per i luoghi del Pretorio talvolta si trovavano a vedere scene davvero raccapriccianti e macabre.
Tempi andati, ere lontane nel tempo, ma se guardiamo certe scene ai telegiornali o pensiamo a situazioni che le telecamere dei reporter documentano in tante aree del mondo ci accorgiamo che quelle epoche non sono lontane nel tempo, ma purtroppo tristemente e frequentemente attuali.
Ma torniamo ai Grigioni, per i delitti minori, falsari, ladri e violenti, era previsto il taglio della mano destra e per i recidivi l’impiccagione.
Purtroppo, la giustizia a palazzo Pretorio non era amministrata in modo equo: il potere giudiziario era sotto il completo controllo degli occupanti, e spesso, alla legge già dura, si aggiungevano pene forse un po’ troppo fuori luogo.
Un tempo si leggeva all’interno della Porta Poschiavina una frase fatta dipingere da un magistrato Grigione che diceva:
“Se mai fu al mondo la Giustizia in fiore- hoggi mercè delle Eccelse Tre Leghe – fiorir si vede qui il suo valore”. Certo scrive l’attento cronista di storia locale Monsignor Lino Varischetti nella sua opera Tirano: “E’ stato facile per i Grigioni scrivere poesie sulla giustizia e scriverne il nome a lettre maiuscole, ma, sul loro modo di praticarla e amministrarla, i tiranesi, avrebbero molte cose da dire... ”.
Ivan Bormolini
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