24 febbraio 2012 - “Un tempo per…” – Marco 1,12-15 - Prima Domenica di Quaresima. (Di don Roberto Seregni)
In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano.
Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
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La pioggia colorata di coriandoli ha già lasciato spazio alle Ceneri, segno pasquale che ci ha introdotto nel grande tempo della Quaresima. Sistemati in ordine i travestimenti del carnevale, ora è tempo di abbandonare tutte le nostre maschere.
Con Gesù ci inoltriamo nel deserto per quaranta giorni.
E’ un tempo per verificare la nostra fede e rinvigorire il nostro cammino di discepoli.
E’ un tempo per ascoltare e ascoltarci, per (ri)scoprire il silenzio e la calma.
E’ un tempo per semplificare, per mettere ordine, per dare una gerarchia evangelica ai nostri impegni.
E’ un tempo per stabilire il centro e le periferie della nostra esistenza.
E’ un tempo di vivificazione, più che di mortificazione. Un tempo da preparare, da scegliere, da desiderare.
E’ un tempo di conversione per invertire le nostre rotte: da sé agli altri, dagli idoli muti al Dio della vita, dalla schizofrenia all’unità, dalla dispersione all’ordine, dalla confusione al silenzio, dalla superficialità all’essenziale, dall’ingordigia alla sobrietà, dalla presunzione all’umiltà…
La tradizione ci consegna tre parole chiave: digiuno, preghiera e carità.
Digiunare per sentire la fame, per scoprire che non basto a me stesso e che il mio egoismo non può nutrirmi. Digiunare per imparare a dire dei “no” che mi aprono a dei “sì” che allargano il cuore. Oltre al digiuno dal cibo - necessario e insostituibile - ci sono molti altri terreni in cui sperimentarsi, ognuno si scelga quello più urgente nel suo cammino spirituale. Mi permetto solo di consigliare un po’ a tutti il digiuno dal pettegolezzo, per imparare a guardare l’altro così come lo guarda Dio.
Pregare per trovare uno spazio quotidiano di deserto, di intimità con Gesù e la sua Parola. Pregare per riconoscere la mia totale appartenenza a Dio. Stabilire un tempo, trovare un luogo e mettersi in ascolto della Parola è un appuntamento irrinunciabile nella vita del discepolo. Senza fretta. Senza pretendere di “sentire” chissà cosa. Senza troppe parole. Stare davanti a Lui, questo conta.
Carità per ricordarmi che la fede deve cambiare anche le mie mani. Carità non significa dare quello che avanza o che non serve più, ma stare attenti ai bisogni dell’altro, condividere i doni che ho ricevuto, non chiudermi nel possesso che ammuffisce le ricchezze del cuore. Di certo non mancano le proposte per vivere esperienze concrete di carità, scegliamone una e rimaniamo fedeli. Ma non dimentichiamoci che la carità più urgente e capace di contagio, è quella della quotidianità, tra le mura domestiche, nella scuola, nel lavoro e pure nel tempo libero.
Buona quaresima
don Roberto
www.sullatuaparola.wordpress.com
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