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sabato 28 luglio 2012

25° DALL'ALLUVIONE IN VALTELLINA - IL MALE ANTICO

Sono ormai passati venticinque anni da quel luglio del 1987 che sconvolse l’intera nostra valle e, nel giro di quindici giorni, ne cambiò completamente il volto: quello naturale, in alcuni tratti; quello umano e di memoria in tutto il suo territorio... (Di Ezio Maifrè)
Un tuffo al cuore che mi ha riportato alla mente, vividi e presenti come allora, quei giorni in cui avevo dovuto assaporare, in tutti i suoi terribili aspetti, la drammaticità del cambiamento naturale, dell’uomo piegato alla potenza della natura, dell’abbandono, della paura, dell’irrimediabile cambiamento.
Nelle nostre vallate le calamità naturali, come le frane e le alluvioni, sono un “ male antico” che dilagano sempre più implacabili e violenti: ad essere malato non è solo il nostro territorio, ma è la terra intera. E ancor peggio, a mio parere, è il male interiore e personale di chi ha sottovalutato, e continua a non rispettare la terra, così come il bosco, la montagna, il fiume, il mare, il cielo e gli esseri viventi. Quei giorni di venticinque anni fa hanno lasciato un profondo segno in tanti di noi. Quel segno mi è rimasto impresso nell’anima come un “ canto “ di paura, di angoscia e di fede.

L’alluvione del Luglio ‘87 –Paura, angoscia e fede.

Plumbeo è il cielo nella valle e l’afa attanaglia ogni cosa,
le conche innevate del Caronella lacrimano lucenti
sotto il sole nel cielo velato da un grigio e caldo sipario.
Si sente il respiro d’affanno dei cani e ogni cosa riposa
con stanchezza infinita in trepida attesa d’alito di venti
e di tenera pioggia, caro ristoro nell’opprimente scenario.

In quel venerdì diciassette luglio millenovecentottantasette
tra le cime dei monti avanza lento un mare di nuvole scure.
I vecchi inquieti e pensosi annusano nell’aria tristi presagi
mentre vibrano i monti di tuoni e balenano potenti saette.
Gli anziani ricordano piogge violente, frane e antiche paure,
di tempi passati cariche di fatiche e di immensi disagi.

Non è pioggia il rimbombo d’acque nei fiumi possenti,
è acqua di neve che la feroce calura tra i monti ha sciolto!
Ora piove! L’acque di cielo e di terra sono potente connubio
di furia assassina mentre salgono al cielo preghiere e lamenti
di gente che guarda i suoi beni con il terrore nel volto.
E’ l’ira del Drago o il ritorno dell’antico diluvio?


Piove il venerdì e il sabato nel luglio caldo e sciagurato.
In Val Tartano ventuno sono travolti dal fango assassino,
le piane di Morbegno e Talamona sono fangosa palude,
urla il Madrasco e il Torreggio, il Mallero è tracimato!
L’Adda con il grigio Frodolfo e il candido Poschiavino
rovina case, strade, ponti mentre il cuore triste si chiude.

E’ domenica 19 luglio! La pioggia cessa e torna il caldo sole.
Nulla è come prima ! Fiumi e torrenti portano rabbia e dolore,
trascinano massi mentre la gente urla “ nessuno si arrenda,
prendiamo i badili, aiutiamoci o fratelli, sarà ciò che Dio vuole! “
Dopo sette giorni di affanno tra fango e gesti di amore
la gente ritorna alla vita, nelle case dopo l’alluvione tremenda.

Illusione! Ancora rovina, le frane e l’acqua si tendono la mano,
con crepe profonde il monte Coppetto le acque hanno minato.
Una frana si muove e minaccia la valle, incombe il terrore
sulla piana allagata; si fugge, solo sette eroi lavorano nel piano
tra strade distrutte per mettere in salvo i beni che Dio ha dato.
Tutti in Valle hanno tristi pensieri e sono invasi da cupo dolore!

Nel giorno ventotto, alle sette e ventritrè di quel caldo mattino
s’ode un boato tra i monti e subito scompare una magnifica piana!
Frana il monte Coppetto su Poz, Tirindrè, Morignone, S. Antonio,
poi la terra sale a S. Martino e Aquilone come acqua in un catino.
Sette son sepolti nel piano! Ventidue uccisi a Aquilone dalla frana
e subito le acque dell’Adda chiuse formano il lago di S. Antonio.

In Valle si piangono i morti; le acque del lago montano limacciose
nella piana desolata ora spettrale bara di quattro paesi incantati.
Il ventiquattro di agosto ancora pioggia con temporali rabbiosi.
Paura e angoscia! L’acqua del lago sale e minaccia tutte le cose.
La gente nel dì venticinque fugge sui monti; i paesi sono evacuati.
I tecnici dicono; con la “tracimazione controllata siate fiduciosi!”

Le gente è attonita e timorosa, prega e pensa ai cari e ai suoi beni,
mentre si alza il clamore di notizie sui luttuosi e tragici avvenimenti.
Trenta d’agosto! Il lago è colmo e l’ acqua tracima dal tappo pietroso,
è fangosa ma scorre nell’alveo dell’Adda come nei giorni sereni.
La gente esulta! il Mondo loda i Valtellinesi che con i loro sentimenti,
hanno saputo con dignità e fierezza superare il momento luttuoso.


Son trascorsi venticinque anni, il triste ricordo rimane nei cuori di molti.
O giovani, le frane e le alluvioni che la Valle da sempre lamenta
saranno meno frequenti se amerete la vostra terra come una sposa.
E se cinquantratrè gigli di campo dalla grande rovina sono stati colti
per il loro sacrificio e per la fede di molti, l’ira del Drago si è spenta
quando voleva ingoiare la Valtellina con l’acqua del lago fangosa.


Ezio Maifrè 

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