La "brénta" o "brènta" è un recipiente che era usato
solitamente per il trasporto del vino, molto raramente per portare uva
in occasione delle vendemmie, nel caso in cui non esistevano gerle a
sufficienza, oppure i portatori erano più numerosi del previsto. (Di
Giac)
In realtà, fino a una quarantina di anni fa il trasporto dell'uva con la gerla era nel Tiranese molto spesso necessario
poiché si vendemmiava in vigneti che erano lontani da strade
percorribili con i trattori. Naturalmente oltre all'uva si portava anche
il mosto quando si andava alla torchiatura, a uva fermentata.Ma la brenta si usava anche in cantina nelle operazioni di travasamento del vino o quando il vino veniva venduto. Il "rosso" si prelevava dalla cannella, "la spina" in dialetto, proprio con la brenta. Spesso nei dizionari italiani si confonde la brenta con la bigoncia, pertanto questi due recipienti hanno poco in comune. La bigoncia è tipica della Toscana o dell'Italia Centrale, viene usata per vendemmiare e portare l'uva, è rotonda e vagamente a tronco di cono. Invece la brenta è più alta, ugualmente a tronco di cono, ma appiattita sul davanti dove il legno è a contatto con la schiena del portatore. Entrambe sono recipienti a doghe, esattamente come le botti. La brenta è portata da una sola persona, mentre la bigoncia da due che infilano un palo in due buchi opposti ai due lati del recipiente e poi la portano a spalla.
La brenta tradizionale era diffusa al Nord: dal Piemonte, alla Lombardia, all'Emilia, al Veneto, al Friuli, alla Liguria. La parola che la indica è quasi identica nei vari dialetti di tutto il Nord, con solo qualche piccolo adattamento al dialetto locale: in Piemonte la si chiama "brinda", nel Modenese "bréinta", con la dittongazione dei dialetti emiliani, a Genova e in Lombardia abbiamo conservato la parola "brenta"; infine, in Friuli la si chiamava "brente" perché le parole femminili in Friulano quasi sempre finiscono per "e".
Nato come parola dialettale, "brenta" è ormai una parola italiana, che compare sui dizionari della nostra lingua nazionale. Dunque non ha senso al Nord usare la parola bigoncia perché nessuno sa cosa sia. La stessa cosa vale in Toscana o in altre regioni al Centro-Sud per brenta, naturalmente. Portare una "brenta" piena era una delle cose più tediose da fare, peggio della gerla. Bisognava camminare lentamente, ancheggiando, per dirla più chiaramente bisognava sculettare:"menà 'l cul" in dialetto. I nonni della mia generazione ripetevano sempre: "Chi trop studia matt diventa, chi non studia porta la brenta". Detto molto popolare in tutta la Lombardia, già nei primi decenni dell'Ottocento.
L'uso della Brenta fino all'inizio del secolo scorso era diffuso anche in grandi città come Milano. Tra gli altri la usavano i commercianti di vini per rifornire i loro clienti. La portavano naturalmente i loro commessi, detti "brentador" quelli più capaci di farlo per evitare di rovesciare il vino per strada, oppure buttarselo addosso. Con l'inizio degli anni 2000 l'uso della brenta di legno è ormai quasi scomparso. Se è proprio necessario, ci si può servire di una brenta di plastica, non bella da vedere, ma molto più leggera: se ricordo bene pesa esattamente la metà rispetto al vecchio recipiente che sostituisce.
Si potrebbe dire molto altro sulla vecchia brenta, un recipiente che è stato usato per almeno sei o sette secoli, ma penso di avere già detto a sufficienza. Tra l'altro in Lombardia, fino all'Ottocent,o la Brenta è stata anche una misura di capacità per liquidi.
Giac
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