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giovedì 25 ottobre 2012

LE PAROLE DI UNA VOLTA: "el gèrlu"

El gèrlu è il mezzo più importante, in campagna, per il trasporto a spalla. In Italiano si chiama gerla e in altri dialetti: "zèrel" o "gerèl", nel Bergamasco; "cabassa" "gabassa" o "gòrba" in Piemonte. In Inglese si usa solamente la parola "basket", cesto... (Di Giac)
LE PAROLE DI UNA VOLTA: "el gèrlu"
Foto di "Frieda" su Wikipedia (cc)
La gerla è a tutti gli effetti un cesto che si porta sulle spalle. Comunque anche in Francese, vi sono due nomi per distinguere la gerla dal cesto: "hotte" e "panier". Per quanto riguarda il Nord Italia si può far notare che le gerle erano nei secoli passati meno usate nelle province di pianura, dove ci si serviva piuttosto di grandi ceste.
Nelle campagne dell'Alta Lombardia (Valtellina, Valcamonica e valli bergamasche) si usava la gerla a intreccio rado, nella nostra provincia chiamata "campasc" o "campacc", nel Bergamasco "zerla". L'uso del "campacc" era in pratica limitato all'estate: serviva per il trasporto di fieno o erba.
In effetti, a Villa di Tirano si diceva: "Macc laga giù 'l gerlu e toeu su 'l camapacc". Nel suo Dizionario Tiranese, Maria Grazia Fiori riporta la nomenclatura essenziale della gerla che si può leggere di seguito: "balinàal","fùunt","scudèscia", "còsta", "campàcc". Riguardo al "campacc" si potrebbero aggiungere due termini: "bachèti" che sono i rami flessibili di salice e di betulla, messi per i lungo, e "trescia", treccia o intreccio. Due intrecci tengono unite "li bachèti dal "campacc": uno sull'orlo superiore e uno mediano. Per portare sia la gerla che "el campacc" servono naturalmente "li stròpi", ritorte in italiano, che volendo si potrebbero sostituire con delle cinghie quelle che i contrabbandieri nel loro gergo chiamano "spalazzi". Però le cinghie stringerebbero troppo alle spalle, la flessibilità delle "stròpi", invece, rende il trasporto più agevole.
Naturalmente la gerla era "ergonomica" nel senso che veniva costruita in modo da non renderne troppo difficile il trasporto quando era colma. Perfino la sua forma poteva variare da un paese all'altro. A Grosio in realtà esisteva un tipo di gerla unica, a intreccio compatto, che si usava anche per portare erba e fieno. In ogni modo "el gèrlu" poteva essere usato per trasportare vari prodotti della terra, ma soprattutto uva. Raramente si trasportava terra, nei vigneti, oppure letame. Anche per queste ragioni, la gerla aveva forme varie a seconda dell'uso che se ne faceva.
Quando "el gerlu"carico pesava, era necessario aiutare chi lo voleva issare sulle spalle. In dialetto si diceva "vidà su'l gèrlu". Allora il portatore entrava prima con la spalla destra tra le "stropi" poi con la sinistra. Chi aiutava, invece, afferrava la gerla per il fondo, sollevando. Una volta che la gerla era ben salda sulle spalle si partiva. El "campacc" si caricava in modo un po' diverso poiché il fieno o l'erba, di solito pesano meno. Il fieno in particolare si comprimeva con le mani o anche coi piedi facendo in modo che ce ne stesse il più possibile nella gerla. Per non farlo cadere durante il viaggio si legava con una cordicella. Una sola volta si usava el "campacc" in autunno: quando si andava a raccogliere il fogliame o "patusc" nei boschi.
Portare la gerla, "purta 'l gèrlu" era comunque sinonimo di molta fatica. E' pur vero che lo si portava pieno più in discesa che non in salita. Ma se in una mattinata i viaggi con la gerla erano più di uno, c'erano ugualmente viaggi da fare, in salita, con la gerla vuota, ma su sentieri stretti e ripidi. In un simile caso ovviamente, anche un viaggio senza carico, poteva essere faticoso. L'uso della gerla ha cominciato a diminuire gradualmente, dopo la prima guerra mondiale, quando in diversi comuni del Tiranese sono state costruite nuove strade in direzione dei vigneti o dei campi e prati di media montagna.

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