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lunedì 4 marzo 2013

CORSA SULLA NEVE PER RICORDARE LA FUGA DALLA RUSSIA

Che un giorno di circa metà gennaio del 1943 si videro impartire l'ordine di lasciare in gran fretta le trincee scavate sulla destra del grande fiume per lo stolto disegno del duce di potersi sedere di lì a pochi mesi al tavolo della spartizione continentale con il mostro nazista, mettendovi sopra (solo) qualche migliaio di morti.
A Tedeschi già in gran parte scappati verso le retrovie, le nostre Julia, Cuneense e soprattutto Tridentina si sacrificarono nella retroguardia anche per consentire agli scaltri teutonici di ritirarsi più ordinatamente e, almeno percentualmente, con ben minori perdite.
Alla neve e alla bufera, che sommate al grande freddo seviziarono e decimarono i nostri fino alla tragica, risolutiva giornata di Nikolajewka e ancora dopo, fece da contraltare il tepore delle isbe e il buon cuore delle mamuske o ragazze ukraine, che rifocillarono i nostri soldati e che diedero loro, a volte, anche più di quanto chiedevano.
Nella corsa a piedi nudi sulla neve, proposta per la quarta edizione all'Aprica da Maurizio Cavagna nell'intento di far ricordare con una lievemente traumatica esperienza sensoriale l'epopea della Ritirata, i cenci colorati distesi sulla neve lungo il percorso di un chilometro e mezzo erano proprio l'allegoria del dono che quel popolo fece ai nostri poveri, illusi e incolpevoli conquistatori dell'impossibile impero in ripiegamento.
Tutto molto icastico e commovente, pur nello spirito di un evento con risvolti curiosi e divertenti. Peccato solo - o forse è giusto così - per la solenne intimità del tutto.
Antonio Stefanini

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