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lunedì 25 marzo 2013

LA POVERTA' FRANCESCANA

E’ sgorgata spontanea a papa Francesco l'esclamazione “Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!”. E anche " …non temete la povertà, il potere è servizio". (Di Ezio Maifrè)
LA POVERTA' FRANCESCANA
Disegno di Wilma Del Simone
S. Francesco d’Assisi diceva: "La santa povertà fa vergognare la cupidigia, l'avarizia e le preoccupazioni di questo mondo. La povertà è quella virtù celeste per la quale viene calpestato tutto ciò che è terreno e transitorio; è quella virtù per cui vengono tolti gli impedimenti, affinché lo spirito umano si possa unire liberamente con l'eterno Iddio. Essa fa che l'anima, ancora pellegrina sulla terra, conversi con gli angeli nel cielo e nel momento della morte sciolta da ogni vincolo se ne vada a Cristo".
Le splendide espressioni di papa Francesco confortano, danno nuovo impulso alla vita. Rispecchiano il desiderio di molti uomini di buona volontà, ma credo siano anche poco condivise da molti uomini di potere della Chiesa e della Politica. La povertà è sacrifico. I poveri non profumano di violetta. Quando i soldi non arrivano alla fine del mese in una famiglia e la pancia è vuota per genitori e figli, il Dio padre di tutti appare lontano e , molte volte dormiente. Una Chiesa ricca non consola i poveri, anzi è da loro detestata.
La povertà, se non imposta da chi ha potere, è una virtù dei Santi e il potere è servizio solo per coloro che si vergognano della cupidigia, della avarizia, delle preoccupazioni di questo Mondo. Per gli altri è orgasmo, orgasmo puro ! Pochi amano la povertà Francescana, per questo essa è Santa.
Mi piace ricordare un “ povero “ dei miei tempi. Quando il vecchio Tunàia chiedeva qualcosa, dava sempre in cambio il suo lavoro. Virtù che al giorno d’oggi sembra scomparsa poiché molti di noi chiedono molto senza dare in cambio nulla.
Elogio alla povertà del vecchio Tunàia
Se a Tirano giammai un uomo nacque
che povero ma signor chiamar conviene
questo fu il buon Tunàia che a Dio piacque
far di lui un uomo forte e dabbene.
Il gran vecchio mai la rugosa mano stese,
sol lavoro chiedeva nelle umili dimore,
sol un tozzo di pane senza altre pretese
in cambio della sua fatica e del suo cuore.
Dai suoi scarponi chiodati uscivano scintille
trainando lento sul selciato il misero carrettino.
Le gente, nel veder sprizzar le tenue faville
diceva: arriva il Tunàia dal cuor di bambino.
Con passo traballante al calar del sole
saliva sol soletto al suo misero ricovero
tra le selve di castagno senza dir parole
con occhi teneri come quelli del povero.
Non parlava tra sé ma con il Signore
quando lanciava le sue parole al vento,
lui lodava il Creatore con forza e con amore
per la sua povera vita piena di sentimento.
Ti abbiamo amato buono e umile uomo
che povero eri come Cristo in croce,
eppur davi una bella castagna per dono
a chi ti sorrideva e ascoltava la tua voce .
Ezio Maifrè

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