3 marzo 2013 - Si dice che i reduci non vogliano o non
volessero ricordare. Lo stesso deve valere per molta gente di oggi. Lo
si evince dalla scarsa partecipazione al bel momento di ricordo messo in
scena ieri in Aprica.
Tratta dal diario del reduce di Russia Attilio Corengia, a
cura della compagnia teatrale Gli Erranti di Bergamo, la recita non era
certo quella che si può dire uno spettacolo d'intrattenimento e il
pubblico aprichese è parso saperlo in anticipo, evitando di distrarsi
dalla vacanza o magari, comprensibilmente, dal lavoro a favore di chi in
vacanza si trova.Sta di fatto che le poche decine di persone presenti, in parte composte da Alpini e Fiamme Verdi, hanno potuto apprezzare un buon spettacolo recitato, oltre a discorsi e testimonianze toccanti. In particolare quella dell'alpino Ugo Balzari, classe 1922, che ha narrato alla sua maniera schietta un episodio commovente. Non quello ormai famoso del suo trasporto a spalle di Don Carlo Gnocchi e non un episodio della sua prima Campagna di Russia, bensì della seconda, quella del 2004. A 82 anni Ugo è, infatti, tornato nella steppa, su invito e in compagnia del Corriere della Sera, per ripercorrere il calvario della Ritirata e - come ha detto - non sbagliando, a distanza di 61 anni, neanche un bivio in 270 km. Ma soprattutto ritrovando nei villaggi dell'Ucraina e della Russia Bianca lo stesso popolo di allora, quel popolo di donne vecchi e bambini che diceva "Italianski Karasciò" (Italiani buoni). Anche se "i soldati italiani erano andati laggiù per aggredire e offendere. Mandati dalla follia di due psicopatici che volevano conquistare il mondo" (Hitler e Mussolini, NdR).
Nella recita della compagnia Gli Erranti, quasi tutta fatta di testi letti e interpretati con accompagnamento di effetti sonori registrati, ma anche di uno straziante sassofono dal vivo, il momento a mio parere più evocativo è quello prodotto dal contrasto tra la disperazione della scena umana rappresentata e la roboante dichiarazione di guerra del duce registrata, con il sottofondo di quella tragica ovazione della folla.
Commozione a fior di labbra, dopo l'esecuzione de Il Silenzio, da parte di quanti hanno parlato prima dello spettacolo, dal presidente Fiamme Verdi Vallecamonica Ezio Gulberti al cav. Pasquale Ceri, consigliere Associazione Nazionale del Fante, da Teresita Corengia, figlia dell'autore delle memorie alla base della pièce, a Maurizio Cavagna, l'ideatore di Ricordare per capire: Nikolajewka insegni, tutta questa meritevole iniziativa, che prevede oggi (domenica 3 marzo, NdR) anche una originale corsa a piedi nudi sulla neve di 1,5 km. "Un'esperienza sensoriale diretta - come l'ha definita Cavagna - per ricordare e introiettare, sperimentandola in qualche modo, qualcosa dell'immane tragedia della Russia vissuta tra gli altri da 220mila soldati italiani (tornati meno di due terzi), di cui negli appena trascorsi gennaio-febbraio ricorreva il 70° anniversario".
Erano presenti, insieme a rappresentanze delle Fiamme Verdi, degli Alpini di Valtellina e di Vallecamonica, anche gli Alpini di Aprica con il presidente Carlo Ambrosini (ha letto una toccante poesia trovata in tasca a un caduto nella steppa), il segretario Renato Della Moretta, l'alpino Dino Negri (presentatore della serata) e il vicesindaco Bruno Corvi, che ha voluto la manifestazione. L'organizzazione è stata curata dell' Associazione Impronta Coraggio, in collaborazione con il Comune di Aprica, assessorato a Cultura e Turismo.
Antonio Stefanini
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