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venerdì 28 giugno 2013

MODI DI DIRE: "Lasà andà a duèli e a ròz"

La rubrica, a cura di Ezio Maifrè, per capire i modi di dire dialettali, grazie alla spiegazione e ad un racconto specifico.
MODI DI DIRE: "Lasà andà a duèli e a ròz"
Foto di Luigi Torreggiani (cc)
Questa rubrica settimanale dei "modi di dire", nel contesto del racconto, ha lo scopo di rammentare in gergo dialettale una espressione e non si riferisce a fatti e a persone.  
Filippo aveva ereditato la casa di montagna da ormai dieci anni. Morti i suoi genitori aveva deposto la chiave del portone di quella casa in un cassetto e non s’era preso la briga d’ andarci nemmeno una volta l’anno.
Le sue ferie le passava all’estero. Un volo d’aereo, una bella isola tropicale, mare, sole e una fanciulla che faceva ombra, poi scaricato da tutte le sue ansie, ritornava in Valle. Lui diceva d’essersi rilassato, ma era vero il contrario perché dopo tre giorni dall’arrivo lo vedevano con lo stesso affanno. I suoi genitori erano sempre andati lassù in quella casa di montagna. L’avevano sempre tenuta in perfetto stato. Avevano curato i prati e i boschi con amore. Avevano lavorato duro, ma avevano anche goduto bei momenti di serenità, di tranquillità, di riposo.
Quella casa di montagna spaziava l’intera Valle. Nelle giornate di bel tempo si poteva scorgere in fondo alla valle la torre delle “ bèli miri “ di Teglio. A est si scorgeva il rosso vivo dei grandi padiglioni dei sanatori di Sondalo immersi nel verde. Di fronte l’imponente Masuccio e la Val Poschiavo sembravano risucchiare la persona nell’abisso della Valle, tale dominante e a picco era la posizione di quella casa.
La casa era posta a mille metri di quota, su un promontorio ventilato. Anche nelle calde giornate e afose del mese d’agosto pareva d’essere su un ‘alta cima per la frescura. Malgrado il magnifico panorama e l’aria salubre Filippo erano ormai da cinque anni che non apriva il portone della sua casa. Era un peccato. I prati che circondavano la casa e che davano da mangiare, nei tempi passati a due mucche, erano invasi da erbacce e arbusti. Il bosco s’era riconquistato ciò che gli avi avevano strappato con fatica alla montagna.
L’amico Piero, quando passava di lì, ricordando lo splendore di quella casa, di quei prati , diceva tra sé scuotendo la testa : “Quella testa matta di Filippo la lasàa ‘ndà tütt a duèli e a ròz, ha lasciato cadere a pezzi e in disordine tutto”. Giunse il tempo, anche per lo spensierato Filippo , di pensare seriamente al suo avvenire. Conobbe Rosa, una ragazza di Stazzona , figlia di contadini, che non disdegnava d’aiutare i genitori nei lavori dei campi e dei prati. Gerla in spalla, molte volte, l’avevano vista in Trivigno caricata più d’un mulo a portare il fieno in stalla. Per di più era un ragazza dolce e tranquilla di quelle che non tormentano il loro ragazzo ogni sera, per andare in discoteca.
Filippo frequentò Rosa e la sua famiglia per tre anni. Poi , con grande festa come usano fare quelli di Stazzona, si sposarono in chiesa. Solo dopo sposata venne a sapere della casa in montagna di Filippo. Volle andarci con lui. Filippo cercò la chiave nel cassetto, la ritrovò a fatica. Raggiunsero la casa in un quarto d’ora di macchina. La giornata era stupenda, le montagne sembravano abbracciare quel luogo. Prese la chiave, infilò la chiave nella serratura, la girò tre volte e poi cercò d’aprire la porta. Niente ! Era bloccata dalla umidità e da calcinacci. Dopo tre robuste spallate si aprì.
Entrarono e si guardarono intorno. Per terra e sui vecchi mobili c’era uno spesso strato di polvere e di ragnatele. Due sedie erano per terra disfatte, così anche la vecchia madia e il cassettone per il pane. Entrarono nella stanza da letto. Uno sfacelo. I materassi erano rosicchiati dai topi, le ragnatele sembravano leggere lenzuola che avvolgevano i letti. L’acqua era entrata dal tetto e una finestra era semiaperta. Sotto, la stalla era invasa dall’acqua. Rosa si guardò intorno poi esclamò: Filippo, te lasàa ‘ndà tütt a dueli, hai trascurato la tua casa fino ad andare in pezzi. Tutto qui è a pezzi, l’è a duèli ! Come hai potuto trascurare in questo modo la tua casa ? F
ilippo non disse nulla, si grattò il capo, mentre Rosa lo guardava furente e di traverso. Usciti di casa, Filippo mostrò a Rosa i confini dei suoi prati e dei boschi. I prati erano pieni di erbacce, piante e sassi. Alcuni muri a secco di contenimento erano caduti. Solo il bosco sembrava essersi arricchito del lungo abbandono. Ancora una volta Rosa esclamò stupefatta : “ Te lasàa ‘ndà tütt a ròz , in rovina anche i prati !! Filippo richiuse il portone di casa e scesero in paese. Passò un anno. Filippo e Rosa decisero di sistemare la casa di montagna e la portarono all’antico splendore. Non era possibile per Rosa lasàa ‘ndà tütt a duèli e a ròz , la fatica dei genitori di Filippo. L’amore di Rosa per il territorio aveva prevalso sui viaggi esotici e lontani di Filippo.
Ezio Maifrè

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