La rubrica, a cura di Ezio Maifrè, per capire i modi di dire
dialettali, grazie alla spiegazione e ad un racconto specifico.
Questa rubrica settimanale dei
"modi di dire", nel contesto del racconto, ha lo scopo di rammentare in
gergo dialettale una espressione e non si riferisce a fatti e a persone.
Era sempre la
stessa solfa. La sua voce era stridule, gorgheggiante, impetuosa come
uno starnazzare di galline. Trecentosessantacinque giorni all’anno,
appena sveglia, Ernesta brontolava con il marito. Udendo quella
sveglia intempestiva Battista apriva gli occhi lentamente, poi li
girava verso il cielo.
Era la sua
implorazione mattutina, la sua offerta al Signore. Pensava senza
irriverenza : “ Il Signore , con grande misericordia, ha donato la Donna
all’Uomo dicendo che non era bene che l'uomo fosse solo e così gli
diede un aiuto che fosse adatto a lui. Però il Signore non aveva preso
moglie. Nella Sua onniscienza aveva anche messo in guardia i suoi
discepoli dal prendere moglie e li aveva fraternamente chiamati a sé”.
Ci sembra però di sentire Ernesta che dice: discorso puramente maschilista. La cosa è reciproca ! “
Torniamo però al
tormento di Battista. In un giorno in cui Ernesta aveva raggiunto
l’apice della sua petulanza, il nostro uomo aveva innalzato ai cieli
questa invocazione: “ Signore, cosa avrò fatto di male per meritarmi
questa punizione ? Donami il carcere perché sia solo e al mattino possa
sentire l’urlo del secondino che batte il ferro sulle sbarre della mia
cella per svegliarmi e non la voce petulante di Ernesta. Te ne sarò
grato. Amen.”
Sappiamo tutti che qualcuno ci ascolta in cielo.
Fu così che un
giorno Ernesta comandò a Battista d’andare nel pollaio per macellare tre
galline. Aveva intenzione di regalarle ad una sua amica per Natale.
Erano galline foraggiate con cibo nostrano, quindi carne genuina e da
sogno. Battista andò nel pollaio per eseguire l’ordine. Chi conosce una
gallina sa quale fatica si fa per catturarla quando intuisce che deve
finire in padella.
Uno starnazzare
incredibile , un volare qua e là nel pollaio come fossero impazzite,ma
alla fine catturò le tre galline. L’operazione di decapitazione dei
pennuti durò un’ ora e, come si può ben immaginare, lo starnazzare
delle galline si udì per tutta la contrada. Caterina , amica curiosa e
intrigante di Ernesta, che ben conosceva i battibecchi dei due,
allarmata equivocò. Prese quello starnazzare delle galline per un
battibecco violento di Ernesta con Battista. Quando cessò con l’ultima
decapitazione, con l’ultimo colpo secco di scure, ci fu silenzio di
tomba. Caterina rimase con un interrogativo inquietante. Pensò: “ Forse
era successa una disgrazia, Battista poteva aver perso il senno e aver
commesso uno sproposito. Quello l’ha fatta fuori ”.
Chiamò i
carabinieri che giunsero però dopo quattro ore. Battista, nel frattempo
aveva portato le galline in cucina, le aveva spiumate, pulite, belle e
pronte per cucinarle. Aveva fatto un poco di disordine spargendo del
sangue qua e là. Raccolse le piume e poi pensò: “ il sangue delle
galline lo pulirà Ernesta” . Poi andò all’osteria .
Ore 16.10.
Ernesta arrivò in cucina. Vide le tre galline belle e pronte da cucinare
. Le avvolse in un candido panno, le mise in una sporta e senza
avvertire nessuno, andò a Sondrio dove abitava la sua amica con
l’intenzione di farle il bel regalo.
Ore 17.00.
Battista tornò dall’osteria e non trovò Ernesta. Non trovò le galline e
nemmeno un messaggio con scritto dove era andata, come faceva di
solito.
Ore 17.30 Suonano
alla porta due carabinieri . “ E’ lei Battista Battistoni di fu
Battista Méngu? “ disse il brigadiere. “ Sì “ rispose Battista , “ sono
io , me medesimo, in persona “ .
“Possiamo entrare un casa ? “ continuò il brigadiere. “ Certo “ ribatté Battista.
Videro un lungo
coltello insanguinato, sangue sul tavolo e per terra . Perfino il muro
piastrellato del lavello e della cucina era sporco di sangue .
“ Venga in caserma con noi “ disse l’appuntato. Lo portarono in caserma e lo interrogarono.
Gli dissero “ dov’è sua moglie ? “ Rispose” non lo so, io sono andato all’osteria e più non l’ho vista”.
“ Come mai in cucina c’era quel coltello e tutto quel sangue ? “ disse il brigadiere.
“ Ho macellato tre
galline “ disse Battista. Il brigadiere ribatté “ dicono tutti così !
Portatelo in camera di sicurezza e cercate sua moglie !”.
Ore 20.30. Ernesta
rientrò da Sondrio. Vide Caterina che le disse: “tre ore fa sono
venuti i carabinieri e hanno portato Battista in caserma” . Ernesta
corse in caserma. C’era solo il piantone che non sapeva nulla del fatto e
gli disse che Battista era di là nella camera di sicurezza che russava
e di venire domani mattina alle ore nove che ci sarebbe stato il
brigadiere.
Ore 9.00 – Ernesta
parlò con il brigadiere. Spiegò i fatti del pomeriggio prima. Il
Brigadiere le disse che erano intervenuti per via della telefonata
della signora Caterina. Ernesta sibilò: “ quella comare farebbe bene a
badare ai fatti suoi e a far meno cornuto suo marito.” Il brigadiere
fece finta di non sentire.
La condussero
nella camera di sicurezza dove il marito stava dormendo placidamente .
Per timore e rispetto verso l’Arma dei Carabinieri e con il brigadiere
presente , si avvicino al marito e in orecchio gli sussurrò: “caro
svegliati ti ho portato le arance che tanto ti piacciono “ . Battista
ebbe un sussulto, si guardò intorno e disse al brigadiere: “ Oggi mia
moglie la fàcc l’ öv fò dèla cavagna, ha fatto un gesto
straordinario e fuori del comune. Mi ha svegliato dolcemente e con un
dono. Signor brigadiere ho decapitato tre galline pensando a mia moglie,
non potrei essere messo in camera di sicurezza per una settimana? “. Il
brigadiere rise e disse: “No ! Se bado alle intenzioni non avrei posto
per tutti in camera di sicurezza . Sconti ai domiciliari la sua pena !”.
Ernesta sorrise a denti stretti e disse: “Vestiti e vieni a casa , caro
Battista. A casa faremo i conti. “
Ezio Maifrè
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