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venerdì 20 settembre 2013

MODI DI DIRE: "La fàcc öv fò dèla cavàgna"

La rubrica, a cura di Ezio Maifrè, per capire i modi di dire dialettali, grazie alla spiegazione e ad un racconto specifico.
MODI DI DIRE: "La fàcc öv fò dèla cavàgna"
"nottsexminer" flickr.com (cc)
Questa rubrica settimanale dei "modi di dire", nel contesto del racconto, ha lo scopo di rammentare in gergo dialettale una espressione e non si riferisce a fatti e a persone.  

Era sempre la stessa solfa. La sua voce era stridule,  gorgheggiante,  impetuosa  come uno starnazzare  di galline. Trecentosessantacinque giorni all’anno, appena sveglia,  Ernesta  brontolava con il marito. Udendo  quella sveglia intempestiva Battista  apriva gli occhi lentamente, poi li girava verso il cielo.

Era la sua implorazione mattutina, la sua offerta al Signore. Pensava senza irriverenza : “ Il Signore , con grande misericordia, ha donato la Donna all’Uomo dicendo che non era bene che l'uomo fosse  solo e così gli diede un aiuto che fosse adatto a lui. Però il Signore non aveva preso  moglie. Nella Sua onniscienza aveva anche messo in guardia i suoi discepoli dal prendere moglie e li aveva fraternamente chiamati a sé”.  
Ci sembra però di sentire Ernesta che dice: discorso puramente maschilista. La cosa è reciproca ! “

Torniamo però al tormento di Battista. In un giorno in cui  Ernesta aveva  raggiunto l’apice della sua petulanza, il nostro uomo aveva innalzato ai cieli questa invocazione: “  Signore, cosa avrò fatto di male per meritarmi questa punizione ? Donami il carcere perché sia solo e al mattino possa sentire l’urlo del secondino che batte il ferro sulle sbarre della mia cella per svegliarmi e non la voce petulante di Ernesta. Te  ne sarò grato. Amen.”
 Sappiamo tutti che qualcuno ci ascolta in cielo.

Fu così che un giorno Ernesta comandò a Battista d’andare nel pollaio per macellare tre galline. Aveva intenzione di regalarle ad una sua amica per Natale. Erano galline foraggiate con cibo nostrano, quindi carne genuina e da sogno. Battista andò nel pollaio per eseguire l’ordine. Chi conosce una gallina sa quale fatica si fa per catturarla quando intuisce che deve finire in padella.
Uno starnazzare incredibile , un volare qua e là nel pollaio come fossero  impazzite,ma alla fine catturò le tre galline. L’operazione  di decapitazione dei pennuti durò  un’ ora e, come si può ben immaginare, lo starnazzare delle galline si udì per tutta la contrada. Caterina , amica curiosa e intrigante  di  Ernesta, che ben conosceva i battibecchi dei due, allarmata  equivocò. Prese quello starnazzare delle galline per un battibecco violento di Ernesta con Battista. Quando cessò con l’ultima decapitazione, con l’ultimo colpo secco di scure,   ci fu silenzio di tomba. Caterina rimase con un interrogativo inquietante. Pensò: “ Forse era successa una disgrazia, Battista  poteva aver perso il senno e aver commesso uno sproposito. Quello l’ha fatta fuori ”.

Chiamò i carabinieri che giunsero però dopo quattro ore. Battista, nel frattempo  aveva portato le galline  in cucina, le aveva spiumate, pulite,  belle e pronte per cucinarle. Aveva fatto un poco di disordine spargendo del sangue qua e là. Raccolse le piume e poi pensò:  “ il sangue delle galline lo pulirà Ernesta” . Poi andò all’osteria .

Ore 16.10.  Ernesta arrivò in cucina. Vide le tre galline belle e pronte da cucinare . Le avvolse in un candido panno, le mise in una sporta  e senza avvertire nessuno, andò a Sondrio dove abitava la sua amica con l’intenzione di farle il bel regalo.

Ore 17.00. Battista tornò dall’osteria e non trovò Ernesta. Non trovò le galline  e nemmeno un messaggio con scritto dove era andata, come  faceva di solito.  
Ore 17.30  Suonano alla porta due carabinieri .  “ E’ lei Battista Battistoni  di fu Battista Méngu? “  disse il brigadiere. “ Sì “ rispose Battista , “ sono io , me medesimo,  in persona “ .
“Possiamo entrare un casa ?  “ continuò il brigadiere. “ Certo “ ribatté Battista.
Videro un lungo coltello insanguinato, sangue sul tavolo e per terra . Perfino il muro piastrellato del lavello e della cucina era sporco di sangue .
  “ Venga in caserma con noi “ disse l’appuntato.  Lo portarono in caserma e lo interrogarono.
Gli dissero “ dov’è sua moglie ? “ Rispose” non lo so, io sono andato all’osteria e più non l’ho  vista”.
“ Come mai in cucina c’era quel coltello e tutto quel sangue ? “ disse il brigadiere.
“ Ho macellato tre galline “  disse Battista. Il brigadiere ribatté “ dicono tutti così ! Portatelo in camera di sicurezza e cercate sua moglie !”.

Ore 20.30. Ernesta rientrò da Sondrio. Vide Caterina che le  disse: “tre ore fa sono venuti i carabinieri e hanno portato Battista in caserma” . Ernesta corse in caserma. C’era solo il piantone che non sapeva nulla del fatto e gli disse che Battista era di là nella camera di sicurezza che russava  e di venire domani mattina alle ore nove che ci sarebbe stato il brigadiere.  

Ore 9.00 – Ernesta parlò con il brigadiere. Spiegò i fatti del pomeriggio prima. Il Brigadiere le disse che erano intervenuti per via della  telefonata della signora  Caterina. Ernesta sibilò: “ quella comare farebbe bene a badare ai fatti suoi e a far meno cornuto suo marito.” Il brigadiere fece finta di non sentire.  
La condussero nella camera di sicurezza dove il marito stava dormendo placidamente . Per timore e rispetto verso l’Arma dei Carabinieri e con il brigadiere presente , si avvicino al marito e in orecchio gli sussurrò: “caro svegliati ti ho portato le arance  che tanto ti piacciono “ . Battista ebbe un sussulto, si guardò intorno e disse al brigadiere: “ Oggi mia moglie la fàcc l’ öv fò dèla cavagna, ha fatto un gesto straordinario e fuori del comune. Mi ha svegliato dolcemente e con un dono. Signor brigadiere ho decapitato tre galline pensando a mia moglie, non potrei essere messo in camera di sicurezza per una settimana? “. Il brigadiere rise e disse: “No ! Se bado alle intenzioni non avrei posto per tutti in camera di sicurezza . Sconti ai domiciliari la sua pena !”. Ernesta sorrise a denti stretti e disse: “Vestiti e vieni a casa , caro Battista.  A casa faremo i conti. “ 

Ezio Maifrè   

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