Questa rubrica settimanale dei "modi di dire", nel contesto del racconto, ha lo scopo di rammentare in gergo dialettale una espressione e non si riferisce a fatti e a persone.
“Egli ha pianto, mai che abbia riso". Così scriveva un autore medievale, negando che le labbra di Gesù si siano mai dischiuse al sorriso. Molte volte ha sofferto, molte volte ha avuto gioia nel cuore, ma sembra che Gesù non abbia mai riso. Forse parlava alle folle in modo dolce e a fil di labbra, mentre la sua folta barba nascondeva il suo sorriso.
Ora i tempi sono cambiati. Il sorriso oggidì è essenziale per aver la “grazia” del pubblico. Occorre apparire suadente, gioioso, tranquillo, sempre sorridente perché il sorriso è una coperta bianca come la neve che copre tutto, anche le bugie e le false promesse. Sorridere mentre parli è un’arte: se non l’apprendi sei fuori ! Guardate la gente in televisione quando parla. Mostra ad ogni parola pronunciata una smorfia ridente in una corona di denti perfetti e bianchissimi. Il naso molte volte è rifatto e il viso è senza rughe. Prima di presentarsi al pubblico occorre sedere nel camerino dei truccatori. Si dice che l’occhio vuole la sua parte. Guai notare un dente storto, o rotto, o nero e cariato. Subito premi il pulsante e cambi canale. I difetti sul viso devono essere sfumati, quasi invisibili: dobbiamo apparire gradevoli, felici, convincenti.
Lo sapeva bene Antonio, il politico, che prima della sua campagna elettorale aveva speso una fortuna per farsi rifare “ la bocca “. Era stato consigliato da un dirigente regionale del suo partito. Molti si erano chiesti dove avesse preso i soldi per quel lavoretto. Qualcuno a fil di labbra e con ghigno aveva sibilato : “ soldi tolti dalla bocca degli altri“.
Antonio che prima aveva una bocca con denti da dromedario ora aveva una dentatura perfetta. Quando sorrideva la sua faccia assumeva un ghigno indecifrabile, sconosciuto, misterioso anche agli amici più intimi. La sua ex moglie gli aveva detto che ora sorrideva come una iena. Quei denti gli avevano cambiato fisionomia. Se ne era reso conto e perciò aveva iniziato un allenamento snervante ogni mattina innanzi allo specchio. Dopo essersi lavato, fatta la barba, profumato, imbiancato i denti, leggeva i discorsi che i suoi amici politici gli avevano dato come “guida al successo “.
Nel bagno, solo e a voce alta innanzi allo specchio, leggeva brani del discorso. Volgeva prima un occhio al foglio, e poi allo specchio. Parlava gesticolando, ridendo a tratti, per dar luce al suo ghigno e alla sua corona dentale. Per ore e ore si era allenato ed era giunta la sera del suo primo discorso ufficiale. Si riteneva ormai pronto. Ogni sua parola doveva essere accompagnata da un suo sorriso di compiacimento, di adulazione per l’ascoltatore. Doveva spandere a pieni denti un’aurea suadente in sala.
Le sera del discorso ufficiale arrivò. La sala era gremita di persone. Parlarono in molti, ma il personaggio di riferimento era lui. Era lui il candidato sindaco. Parlò per ultimo. Salì sul palco un poco teso, ma immediatamente il suo viso divenne una maschera sorridente. Si era allenato a casa. Con gli occhi languidi, le guance a fossetta, le labbra stirate e a 32 denti iniziò il discorso. Dopo alcuni secondi gli venne il “ fischietto” dai denti. Due incisivi, per lo stirar di sorriso, si erano spostati leggermente e avevano lasciato spazio tra loro lasciando libero il sibilar di fiato. Ogni volta che pronunciava la “ s” faceva il fischietto. Con enfasi disse: Signori, mi presento candidato sindaco ( ed ecco fare tre fischietti).
Chiedo il vostro voto, sono un uomo sincero, sorridente, sereno, e sarò il sindaco di tutti ( ed ecco fare sette fischietti ) . Sicuramente saprò essere di parola ( e altri tre fischietti ). Andò innanzi per un’ora. Insomma: quattro parole e un “fischietto” dentale. Fece un discorso sibilante che terminò con un concerto di fischi lunghi del pubblico, talmente assordanti da spegnere una lampadina. Carlo, il dirigente regionale di partito che gli aveva scritto il discorso e consigliato come condurre la prolusione disse tra sé: “ ho sbagliato. Non ho scelto l’uomo giusto, colpa del suo dentista che gli ha rovinato il volto. Era una persona simpatica e ora ‘l g’à sü ‘na ghigna de crapadùn, ha un ghigno che tira schiaffi. E oltretutto nella sua nuova dentatura ha il fischietto. Dovrò scegliere un altro candidato Sindaco.
Ezio Maifrè
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