Era una fredda sera d'inverno del 1902. Nelle contrade di Tirano tirava un vento gelido. L'abbondante nevicata aveva coperto tutto e i suoni erano attutiti dal candido manto , eppure una voce strozzata dalla paura si udiva per le strade.
La voce era quella del Tòn. Correva come pazzo per la contrade urlando: “Cristiani chiudetevi in casa , sbarrate porte e finestre e fatevi il segno della croce,u vedüü cun i mèe öcc 'l diàul. (ho visto con i miei occhi il diavolo). Povero vecchio Tòni, lui aveva visto il diavolo in persona! L'aveva guardato in faccia e ora gridava disperato per mettere al sicuro la gente nelle case.
La notte era calata nel terrore. Non si udiva più nessun suono, tutti erano in casa e nelle stalle a pregare. Quel grido straziante e monotono del vecchio Tòni aveva scosso gli animi; niente sembrava più come il giorno prima. Persino la fredda luna che splendeva chiara e tonda sopra i monti di Trivigno aveva il sorriso freddo di una zucca illuminata.
Gli vennero in mente le parole della vecchia madre. "Ricordati figlio, quando non sei sereno corri subito a confessarti, poiché solo Dio ti può dare serenità!". Di botto, prese il cappello e la mantellina, corse in parrocchia dove, con grande frastuono, svegliò Don Oreste. "Don Oreste dovete confessarmi, devo aver peccato perché questo poneriggio ho visto il diavolo" disse Tòni. Don Oreste fece il segno e disse: "Ti ascolto figliolo"
Tòni fece a sua volta il segno della croce, si buttò in ginocchio e disse: "U vedüü 'l diàul ilò al Pus’ciavìn, (ho visto il diavolo vicino al torrente Poschiavino) era l'imbrunire, stavo tornando a casa con il cavallo dal campo, quando giunto vicino al torrente Poschiavino ho sentito provenire da lontano un rumore strano. Era come il soffio di un mantice: Ho teso l'orecchio, il rumore si avvicinava sempre di più, sempre di più. Pfùff, pfùff, pfùff!!
Era laggiù nell'oscurità della valle, si muoveva lentamente verso Tirano come un gatto nero. Al posto delle gambe aveva grandi manovelle, al posto delle ginocchia aveva ruote, per naso aveva un tubo dove usciva fumo, al posto degli occhi aveva due lanterne. Era il diavolo incatenato poiché nel suo procedere diritto, lento e inesorabile batteva il passo con un botto metallico cupo e sordo che martellava il terreno circostante. Il suo respiro era forsennato come quello del mio cavallo quando ara il campo a Vulpéra e trova un ceppo.
Il diavolo ci è passato davanti mentre io e il mio cavallo ci siamo sdraiati a terra per ripararci dal fuoco e dal fumo. Don Oreste, non mi vergogno a dirlo, in quel momento a noi due è scappata senza preavviso, però, mentre il mio cavallo non portava i pantaloni , io me la sono tenuta addosso."
Don Oreste, pazientemente chiese a Tòni "Quel diavolo che tu dici, oltre a sbuffare fumo, sferragliare, forse fischiava ogni tanto mentre procedeva verso Tirano?". E Tòni " Proprio così, don Oreste, proprio così, voi reverendi conoscete bene il diavolo!!!". E don Oreste “Diavolo sarai tu Tòni che mi hai svegliato nel cuore della notte per aver visto il treno a vapore della F.A.V. arrivare a Tirano". "Ora Tòni, ti benedico e ti perdono, alzati e vattene a casa. Sappi caro Tòni che da oltre le cime delle montagne della tua Valle verranno altre diavolerie che toglieranno la tua beata tranquillità.” E così fu.
Caro Tòni ora tu sei in cielo, sappi che a Tirano quel diavolo che avevi visto sbuffare si è trasformato in un mostro potente e silenzioso. La nostra città è sfavillante di luci, ormai le candele le usiamo solo poche volte anche in chiesa. Carri e cavalli sono stati sostituiti da potenti automobili che sfrecciano nelle contrade. La beata tranquillità che tu avevi noi non l’abbiamo più, ma il Mondo è una ruota che gira e un domani sarà forse anche peggio.
Ezio Maifrè
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