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martedì 18 febbraio 2014

CINQUE CAPRE GRAVIDE SGOZZATE: "CAMBIAMO LA CULTURA NEI CONFRONTI DEGLI ANIMALI"

17 febbraio 2014 - Sabato scorso a Dubino, località Casello Sette, qualcuno è furtivamente entrato in una stalla e ha sgozzato cinque capre gravide lasciandole morire in una pozza di sangue. Unico testimone un terrorizzato vitello.

Cinque capre, come da foto pubblicate dai giornali, barbaramente sgozzate ancorate alla mangiatoia da corte catene come da atavica tradizione locale. LAV (Lega Anti Vivisezione) dal 1977 si batte per la Liberazione Animale, e il nostro Statuto si ispira al rispetto della vita, della dignità e della libertà di tutti gli animali umani e non umani: per questo combattiamo lo specismo, lottando contro ogni forma di violenza, prevaricazione e sfruttamento.
Non possiamo quindi astenerci dal intervenire in questa vicenda partendo dalla nomen iuris cioè dalla qualificazione giuridica di un determinato fatto, in questo caso l’uccisione di animali.
L’uccisione di animali è un reato previsto e punito dall’art. 544 bis c.p. e non si tratta più solo di un “delitto contro il patrimonio” (cioè il bene protetto è la proprietà privata dell’animale da parte di un proprietario) come era previsto dall’art. 638 (Uccisione o danneggiamento di animali altrui). Ora è riconosciuta la condotta lesiva nei confronti dell’animale stesso.
La dottrina recente ha classificato l’uccisione di animale coniando il neologismo “animalicidio” a sottolineare il parallelo voluto dal legislatore tra uccisione di animale, appunto animalicidio e l’uccisione di umani ossia omicidio.
Sarà l’Autorità competente ad occuparsi del caso e confidiamo che nessuna zona franca sia concessa.
Ancora una volta, però, necessita evidenziare come quanto accaduto rientri nella “normalità” di un tessuto culturale che, purtroppo, a dispetto di una normativa sempre più avanzata , vede l’animale ancora oggetto di proprietà, un bene patrimoniale la cui perdita si monetizza.
Un tessuto culturale permeato della convinzione che l’animale non sia un “soggetto” ma l’”oggetto” da utilizzare a fini personali.
L’atto criminoso compiuto nell’anonimato potrebbe rientrare in questa valutazione allorché l’animale sia stato inteso come “l’oggetto” il “bene di proprietà altrui ” da deprezzare, da svalutare per "x" motivi riconducibili alla sfera dei rapporti inter personali.
E poco importa se quel “bene di proprietà altrui” abbia avvertito dolore, paura, terrore, angoscia come qualsiasi essere vivente prima di morire e avesse due occhi un cuore e un cervello come qualsiasi essere vivente.
La “questione animale” è una questione di crescita culturale e morale degli uomini, una crescita che porterà al rifiuto della attuale visione economica, sociale, religiosa, filosofica, che verte sulla accettazione acritica di un linguaggio culturale che educa al concetto che gli animali nascano per essere allevati, cacciati, mangiati, utilizzati per divertimento , per divenire oggetti di uso quotidiano e di vanità, per testare sostanze potenzialmente velenose pe l’uomo, per compiere lavori faticosi, Che nascano per essere incatenati.
E’ stato commesso un atto criminoso, ma chi lo ha commesso è una persona qualunque, che ha accolto nella sia piccola ed anonima vita una concezione dell’animale ritenuta normalmente accettabile ai più. Non normalmente accettabile viene invece percepito il danno, la perdita subita dall’umano.
E’ stato commesso un atto criminoso, ma chi lo ha commesso è banalmente normale, come purtroppo banalmente normali e accettate dall’immaginario collettivo sono quelle corte catene esplicita prova di una distorta ed errata concezione del rapporto uomo – animale. 
E’ la migliore forma di indignazione è sottrarsi a questo tipo di normalità.
LAV Sondrio 
lav.sondrio@lav.it

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