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martedì 1 luglio 2014

UN ASSISTENTE AI LAVORI SPECIALE: IL "MUTIN" DELLA CASA DI RIPOSO

All’anagrafe sono trascorsi più di settant’anni da quando, giornalmente, mi recavo all’Asilo della mia cittadina con l’immancabile cestino in vimini. Cestino atto a contenere la merenda che consisteva in una veneziana che, costeggiando il fiume Adda, acquistavo nello storico panificio Plozza.
Poco lontano dal panificio sorge quello che oggi chiamiamo “Giardino d’Infanzia”. Un severo edificio dei primi decenni del ‘900 affacciato su viale Garibaldi e con a lato quella che fu una stupenda montagnola. Robusti alberi abbellivano la montagnola stessa e, durante i mesi caldi, proteggevano i bimbi dal sole. Alberi che, con il trascorrere del tempo, hanno perso stabilità ed oggi ne sono stati messi a dimora altri. Superato l’ingresso dell’Asilo trovavamo in un grande atrio, su due lati del perimetro, numerosi attaccapanni. Sulla parte superiore erano appesi gli abiti, in quella inferiore c’erano altri spazi idonei per appendere il cestino e depositare le scarpe. Confinante con l’atrio la sala da pranzo non separata da porte. Sala con tavoli forati nel mezzo per ospitare la metallica scodella.
Solo coloro che sono stati ospiti dell’Asilo hanno potuto “fiutare” l’odore del tutto. Una sommatoria dei “profumi” degli abiti, il contenuto del cestino, le esalazioni delle scarpe e della minestra. Nemmeno Gualtiero Marchesi, il famoso cuoco italiano, avrebbe potuto dare una definizione. Il tutto è rimasto uguale sino a quando lo scrivente è intervenuto per la progettazione della ristrutturazione e del sopralzo dello stabile. I lavori sono da anni terminati; ho avuto la fortuna di vedere i miei figli e i miei nipoti scendere lungo le rampe che permettono di raggiungere i vari piani dell’edificio. Ricordo il nome della Direttrice conosciuta prima dell’inizio dei lavori: suor Paola. Suora energica, all’altezza dell’incarico. Come è noto la conduzione del Giardino d’Infanzia era ed è affidato alle suore di Maria Ausiliatrice, le seguaci di don Bosco.
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Sempre a Tirano, viale Garibaldi incrocia via Bertacchi. Lungo questa via sorgono altri due fabbricati della Casa di Riposo che occupano le aree una volta sede degli orti annessi alla casa stessa. Un simpatico vecchietto facente parte degli utenti del luogo di riposo era addetto alla cura dei citati orti. Le sue generalità erano Giacomo Cometti, un sordomuto che con i gesti e gli sguardi si faceva facilmente capire. Sprigionava un’innata simpatia e tutti i tiranesi gli volevano bene.
Perché lo ricordo? Perché durante i lavori di ristrutturazione e di ampliamento del vicino Giardino d’infanzia me lo trovavo sempre vicino, era il mio assistente. Posso dire di aver nutrito per quel piccolo uomo un qualcosa di speciale. Con i gesti cercava di farmi capire ciò che si doveva fare. E sorrideva. Un giorno, terminata la demolizione di una parte del fabbricato, si è messo in posa sui resti della demolizione. L’ho fotografato ed ora ho il desiderio di pubblicare quel ricordo. Avevo appeso la foto nel mio studio con il seguente sottotitolo: “Similitudine”. Chiedo all’amico Marco Travaglia di esaudire il mio desiderio. Sono queste le piccole-grandi cose che possono toccare il cuore di tutti noi.
Il mutin della Casa di Riposo_Tirano

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