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sabato 13 dicembre 2014

FATTI DI CASA NOSTRA: TIRANO, PER LE VIE DELLA CITTA’

Passeggiando per le vie del Centro Storico assistiamo ad un teatro dal vero, caro a coloro che nella nostra cittadina sono nati e vissuti, più caro ancora agli indigeni dai capelli bianchi, segnati dalle rughe sulla spaziosa fronte. Rughe ruffiane, rivelatrici del tempo, dall’ andamento tortuoso come le vie che stiamo percorrendo. Sono le strade idonee per giungere alla meta, ai Palazzi storici. Palazzi che in questi giorni, a Tirano, sono più animati del solito. Città, la nostra, che annovera una notevole storia, antiche presenze. Non sono mancati, nei secoli scorsi, uomini di governo, statisti che hanno rivestito cariche pubbliche di notevole spessore nel passato dello Stivale. I “Nobili” di un tempo riposano nei Camposanti. I pochi eredi a fatica, riescono a sostenere le spese necessarie per il restauro dei Palazzi.
Come a teatro iniziamo con il prologo, proseguiamo con lo spettacolo e terminiamo con un giudizio espresso dagli spettatori.
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La nostra rappresentazione è in tre atti (con tre prologhi e tre giudizi espressi dagli intervistati)
ATTO PRIMO
Siamo nella piccola area del Centro Storico ubicato sulla destra orografica del fiume Adda. Un assembramento di glicini attorniano il Monumento all’Emigrante. Nei pressi un fabbricato dall’impianto cinquecentesco, oggi con il piano terreno, in parte destinato a sale mostre. Superficie quest’ultima richiesta dagli artisti nostri e da altri provenienti da ogni dove.
Una persona di mezza età, Ivan Previsdomini, fa da relatore ed ha occupato una di dette sale. Sulle pareti fotografie in bianco e nero scattate dal nonno e dal padre di Ivan. Fotografo pure Ivan. Un terzetto, nonno, padre e figlio dagli scatti facili. Il nipote opera a Tirano, su Viale Italia. Ivan, “salito in cattedra”, fa la storia dei suoi ascendenti. I Previsdomini provengono da Ponte e nonno Ostilio ha iniziato l’attività a Chiuro. Si è poi trasferito a Tirano, in varie sedi. Il “babbo Alfio” (come sempre lo chiama Ivan) ha operato nel laboratorio su viale Italia dove oggi lavora il nostro relatore. Sul viso di Ivan notiamo qualcosa di sacro, espone commosso una montagna di ricordi, i modi di fotografare nell’arco degli anni.
Gli studenti, noi, azzardiamo qualche domanda. Ivan prontamente risponde. All’esterno del Palazzo, nei pressi della biblioteca, un suo amico ha preparato un piccolo, ma gustoso piatto di antipasti. Assaggio il vino e vengo a sapere che proviene da Roncaiola. Vino sincero come buona parte della nostra gente.
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ATTO SECONDO
Siamo nel cuore del Centro Storico. Ammiriamo da via XX settembre l’esterno di Palazzo Venosta, oggi Quadrio Curzio. Alle spalle abbiamo la bella Parrocchiale di S.Martino. Scrutiamo, del Palazzo, il loggiato settecentesco nella speranza di vedere sporgersi un amico, quell’Alberto Quadrio Curzio che dello stabile ne è comproprietario. Uomo in carriera, economista principe che fa onore alla nostra città. Nel cortiletto sono esposte fotografie in bianco e nero.
William Marconi un maestro e Direttore Didattico che tutti i tiranesi conoscono. Lo vediamo giungere in città in sella alle due ruote, proveniente dalle piste ciclabili esistenti a nord e sud della nostra cittadina. Ha tutta l’aria di un giovinetto e con facilità preme ancora sui pedali. Le sue “primavere” sono vicine alle novanta. Di William ricordiamo la voce di basso nel Coro Monti Verdi. Per farlo arrabbiare, dopo un concerto, gli ho detto “Ho sentito la tua potente voce”. La risposta secca del corista: “male, nel coro non si devono udire voci singole, tutte devono essere calibrate”. Nel cortiletto di casa Quadrio sono esposte fotografie storiche scattate da William e narranti il lavoro di un certo “Michelin Runcaol”. Michelin, contadino e proprietario di boschi e pascoli sul versante Orobico del Comune di Tirano, aveva un carro con cavallo, carro attrezzato per portare a valle tronchi di albero ed il fieno di sua proprietà. Di più. Il Michelin, su richiesta di altri contadini, si prestava per il trasporto a valle dei loro tronchi e del loro fieno. Come era questo speciale carro? Adatto per percorrere le strade di montagna dove non potevano giungere altri mezzi di trasporto. Carro chiamato, nel dialetto tiranese “priala”. Aveva due rote anteriori fisse, le due posteriori asportabili. Dalla montagna al fondo valle le due ruote posteriori venivano tolte ed il carico dei tronchi e del fieno veniva scaricato direttamente su due o più tronchi che avevano un solo appoggio, quello anteriore. Posteriormente erano a contatto con la strada montana. In altre parole i tronchi strisciavano sul selciato e facevano anche da freno. Giunti a valle, in località “Cadeni”, il “sedere” del carico veniva rialzato e le due ruote posteriori venivano messe al loro naturale posto. Così il gioco era fatto. Michelin era un artista nella esecuzione di queste machiavelliche operazioni.
Se dovessimo chiedere ai nostri figli cosa sono le “priale” avremmo una muta risposta. Oggi esistono strade più larghe, i mezzi di trasporto sono più potenti, le “priali” sono pezzi da museo.
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ATTO TERZO
Ad una cinquantina di metri da Palazzo Quadrio, siamo sempre nel cuore del Centro Storico, incontriamo Palazzo Merizzi, di impianto rinascimentale, con graziosi portici e loggiati, ristrutturato nel sei-settecento. Palazzo che, abitato in poche parti dell’anno, richiederebbe ulteriori restauri. Restauri le cui spese non si dovrebbero addossare ai soli proprietari, ma che meritano aiuto economico da parte della Sovrintendenza.
Sotto i portici del Palazzo sono esposte molte fotografie. Tutte appartenenti alla famiglia Scagliarini. Scagliarini, nato a Bologna nel 1907, aveva nel suo curriculum vitae la guerra di Libia, la venuta a Tirano nella Caserma Torelli, la conoscenza e lo sposalizio di una donna di Madonna di Tirano, il lavoro, per circa 5 anni, come guardia comunale. L’ho conosciuto negli anni ’50 del xx secolo quando esercitava, con passione e serietà, la sorveglianza nella mia cittadina. Uomo dal carattere gioviale, pronto alla battuta, ma incorruttibile nel multare coloro che violavano la legge.
Come commentare questa esposizione? Anche qui tutte le foto sono in bianco e nero. In questi anni di sbandamento nel campo affettivo con piacere osserviamo una famiglia unita, vissuta durante i nostri anni verdi.
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Qualche lettore ci potrebbe dire “Valeva la pena di scrivere tanto per quattro fotografie a ricordo dei tempi andati?” Per affermare "sì, ne valeva la pena" dobbiamo calarci nella società nella quale viviamo. Una società allo sbando per colpa di uno pseudo socialismo, di un buonismo imbecille, cretino. E’ sufficiente ascoltare uno qualsiasi dei telegiornali per giungere ad una affermazione “da ora in poi per me i notiziari Tv non avranno più ascolto”. Sarà sufficiente fare lo zapping e scegliere altri programmi, documentari sulla natura, sull’arte, magistralmente condotti da papà e figlio Angela. Le esposizioni quindi, tramite fotografie, di volti del passato non possono che trovarci favorevoli.
Siamo lontani anni luce dai politici che siedono sugli scranni dei palazzi romani. Un amico mi ha detto: “ E’ colpa nostra anche delle loro malefatte perché i parlamentari li abbiamo scelti noi”. A parte il fatto che gli attuali parlamentari non sono stati eletti dal popolo, come dovrebbe essere in una sana democrazia, all’amico rispondo così: “ Per esperienza personale posso dirti che qualsiasi persona onesta tu mandi a Roma o si adegua al malaffare o viene eclissata dai mafiosi, mafiosi e ladri che a Roma abbondano. Perciò chi scrive sogna una Provincia di Sondrio indipendente, una Regione Lombardia non vincolata ai voleri della Roma ladrona. Oggi possiamo gridare quanto la Lega lombarda da anni apostrofa: ROMA LADRONA!!! Nessuno ignora i fatti di questi giorni, le ruberie perpetrate a Roma anche da uomini di governo. Renzi, Presidente del Consiglio dei Ministri, ha detto che sarà solo la Magistratura a condannare i corrotti. Forse il tutto passerà tra le mani di Magistratura democratica!!! Te la raccomando. Senza dubbio, come è già avvenuto in passato, tutti verranno condannati ad eccezione dei rossi.
Giancarlo Bettini

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