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venerdì 29 ottobre 2010

"LE NOSTRE VIE": LA PIAZZA MARINONI

La piazza Marinoni costituisce oggi, come in passato, il centro della città tiranese.Negli anni il suo aspetto estetico è però profondamente mutato... (Di Ivan Bormolini)

Un tempo questa storica piazza era il centro dei commerci locali tanto da essere menzionata anche come piazza del Mercato; in quella sede si teneva un florido commercio di merci e bestiame che richiamava genti da tutta la valle e dalla vicina Svizzera.

La piazza è storicamente famosa anche per il fatto che sul lato Sud vi era la sede della Caserma Luigi Torelli che fino al 1880 fu adibita a ricovero per gli infermi; oggi di quel luogo, che racchiuse in sè tutta la gloria del Quinto Alpini e dello storico Battaglion Tirano, è rimasta una lapide a ricordo indelebile di quel grande passato.
Ma la piazza Marinoni è anche il luogo del ricordo: infatti, dall’8 novembre 1925 vi è il monumento ai Caduti tiranesi di tutte le guerre; prima che venisse eretto questo simbolo vi era una massiccia fontana con una grande aquila in bronzo ad ali spiegate. Purtroppo di questo monumento se ne persero le tracce all’atto della sua rimozione.

La piazza è stata dedicata al grande parroco Gian Battista Marinoni che seppe dare molto a Tirano e soprattutto ai tiranesi così come ricorda una lapide posta nel salone del Consiglio comunale di Palazzo Marinoni:
“Giovanni Battista Marinoni- Parroco di Tirano- Avaro per sé-prodigo per questo paese-nell’anno 1656 legò- al Santuario dote generosa- al popolo nuove scuole- al municipio queste splendide sedi.”

Le origini della famiglia Marinoni in quel di Tirano sono antichissime: questo cognome appare per la prima volta il 3 gennaio 1461 in un atto di vendita di un appezzamento di “terra campiva” in località “Ganda” a favore dei discendenti di Zanni de Marinonibus.
Altre documentazioni che riportano questo cognome appaiono poi anche verso la metà del 400 citando un Marinoni che abitava a Tirano ed era proveniente da Foppolo in provincia di Bergamo.
Risulta con certezza che nella seconda metà del 400 arrivarono a Tirano molti esponenti di questa famiglia e con loro giunsero anche altre famiglie sempre da quel luogo; sicuramente, i componenti della dinastia dei Marinoni si mostrarono abili commercianti tanto da accumulare notevoli fortune in quel di Tirano. Ma a mostrare particolari doti artigianali e commerciali fu un tal Giovanni Pietro De Marinonibus che era spadaro di professione con bottega a Tirano e abitazione alla “Folla”. Con il suo lavoro si fece conoscere ovunque, persino in altri Paesi esteri; molto probabilmente questo abile artigiano guadagnò così tanto che investì sapientemente i suoi averi acquistando molti beni, mobili ed immobili. Dal 1608, dopo la sua morte, cominciarono le cosi dette “beghe” per la spartizione dell’eredità che doveva essere suddivisa da alcuni eredi, tra i quali figurava anche quello che sarebbe divenuto l’esponente più illustre di quella che ormai era una ricca casata, ovvero Giovanni Battista Marinoni che, già benestante, ereditò ancora molto dalla spartizione degli averi del Giovanni Pietro.

Ora concentriamo la nostra attenzione sulle vicende di Giovanni Battista: il Marinoni nacque a Tirano nel 1586, compì gli studi umanistici e teologici pressò l’ Università di Padova.
Divenne Dottore in diritto civile ed ecclesiastico nel 1613; risulta poi che frequentò anche l’ateneo di Pavia dove probabilmente conseguì una seconda laurea, anche se non vi sono dati certi che parlino di questo.
Conclusi gli studi e ritornato nel luogo natale venne conosciuto da tutti come il Dottor Marinoni che oltre ad occuparsi del patrimonio di famiglia, che comunque era sapientemente gestito dal fratello Tranquillo, abile affarista, si impegnò attivamente in questioni diremo oggi “squisitamente politiche”. Tra il giugno ed il luglio del 1619 venne nominato dagli esponenti del Terziere Superiore come deputato affinché, con altri esponenti cattolici, si recasse dai Capi delle Tre Leghe per esporre con chiarezza le gravi restrizioni a cui erano stati assoggettati i cattolici in particolare durante la Quaresima.

In quell’occasione espose personalmente i fatti ed il suo pensiero, ma l’anno dopo, nelle battute iniziali del Sacro Macello, di cui fu acceso sostenitore e organizzatore, passò dal pensiero all’azione come narra il Besta in questo passo:
“... La difesa del pretorio continuava ancora la mattina del lunedì... Finalmente dato fuoco alle porte, gli assedianti irrompevano rumorosamente nell’atrio. In un primo momento non osarono metter le mani sul podestà; poi Antonio Bottigioli gli strappò la spada dall’elsa e dal pomo dorati, suscitando l’ira o forse la cupidigia del dottor Gian Battista Marinoni, che per farla propria uccise colui che l’aveva presa per primo.”

Piazza Marinoni

Si sa che alla fine del 1621 iniziò il processo su questo fatto e sul banco degli imputati salì solo il fratello del Marinoni, anch’egli coinvolto nell’episodio, dichiarando che l’ufficio giudicante non poteva processare il fratello in quanto appartenente al clero e quindi soggetto al solo giudizio del foro ecclesiastico. Come si concluse la vicenda non è dato sapersi ma comunque si sa che poco tempo dopo il Marinoni accompagnò Azzo Besta a Innsbruk per una visita all’Arciduca Leopoldo mirata a chiederne l’aiuto in vista di una possibile quanto certa nuova avanzata dei Grigioni.

Nel viaggio di ritorno avvenne il fatto che segnò in modo indelebile la vita di G. Battista Marinoni: giunto infatti a cavallo al ponte sull’Adda in quel di Mazzo, il Marinoni cadde rovinosamente da cavallo e precipitò nel fiume in piena e venne trascinato per un lungo tratto dalla violenza delle acque; in quei tremendi momenti egli invocò l’aiuto della Madonna tanto che uscì miracolosamente illeso dal grave incidente.
Ottenuta la salvezza in riconoscenza alla Madonna per la grazia ricevuta fece appendere in santuario un quadro come ex-voto promettendo di dedicare la sua vita e le sue abbondanti ricchezze alla Gloria di dio e al bene del prossimo.

Nel frattempo, e siamo al 6 settembre 1624, il Vescovo di Como Desiderio Scalia gli conferisce la tonsura clericale e i quattro ordini minori; nel 1628 venne nominato dai Deputati alla chiesa della Madonna SS. di Tirano come Rettore del Santuario; nel 1630 fu eletto parroco della chiesa di S. Martino in Tirano e poco tempo dopo fu nominato dal vescovo Lazzaro Carafino come vicario foraneo.
Nel 1638 rimise il suo mandato di parroco ma conservò l’investitura a vicario foraneo ancora per qualche anno fin che decise di ritirarsi a vita privata, seguendo comunque le vicende soprattutto culturali ed ecclesiastiche della gente di Tirano.
Morì il 24 gennaio del 1656 e ai suoi funerali intervennero personaggi di grosso calibro sia della vita pubblica che di quella ecclesiastica; venne sepolto per suo volere in Santuario, ma a distanza di secoli purtroppo non rimane nulla di quell’ultima dimora terrena del compianto Rettore e dello stimatissimo parroco.

Ciò che più colpisce è l’ingente eredità che lasciò al Santuario e ai tiranesi: nel luogo in cui apparì la Vergine della Folla donò cospicue sostanze, ma forse al popolo di Tirano lasciò una grande dote: negli anni in cui egli fu parroco, infatti, diede vita ad un Ginnasio per la pia formazione “a virtù e a lettere” dei giovani tiranesi seguendone personalmente il grado di apprendimento. All’atto della sua morte decise, al fine di dare una sede dignitosa a quella che venne battezzata come “Scuola Marinona”, di donare alla comunità quello che oggi è il Palazzo Marinoni, sede dell’amministrazione comunale. Per quel luogo di istruzione, nell’intento di far proseguire gli studi ai giovani, lasciò anche un’ingente somma di denaro (circa diecimila Ducatoni) che depositò al Banco S. Ambrogio di Milano.

Si concludono qui le vicende legate a questo straordinario uomo di fede, di passione per le vicende del popolo sottomesso e di grande cultura, che seppe portare istruzione nel popolo della gente comune dove fino a quel momento regnava una vergognosa ignoranza.

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