Lo scafo oscilla, sembra che si scolli di dosso la sabbia, scricchiola e finalmente l'indice di profondità accenna a staccarsi dalla quota di m.73 e così comincia la risalita. Siamo molto leggeri e la risalita diventa via via più rapida. Si sale a pallone, con i rischi che tutto ciò comporta. Infatti verso i 50 metri il battello comincia ad inclinarsi a dritta, e la sbandata si va accentuando mano a mano che si sale, ora siamo sbandati di 45 gradi a dritta e cominciamo a non reggerci più in piedi, ognuno si aggrappa alle manovre, si comincia a rotolare verso la parete di dritta, gli oggetti liberi già da parecchio non sono più al loro posto ma sono finiti a pagliolo, e la sbandata continua.
Io penso a cosa potrà succedere visto che l'equilibrio del sommergibile è dato da due forze: il peso che è applicato nel centro di gravità (baricentro) e la forza di spinta data dal principio di Archimede, applicata al centro di galleggiamento della carena. Mentre il baricentro è in un posto fisso, il centro di galleggiamento si sposta a seconda che il sommergibile è in superficie od in immersione. Ed in superficie si sposta continuamente a seconda della parte immersa in funzione del rollio e del beccheggio. Queste due forze in immersione generano una coppia che da la stabilità alla posizione diritta del sommergibile: il baricentro è sotto il centro di spinta, così che in qualsiasi rollio o beccheggio la coppia che si genera tende a tenere diritto il sommergibile.
In superficie il baricentro rimane fisso, mentre il centro di spinta dato dalla carena, scende sotto il baricentro, e quindi tende al rovesciamento del battello. Però la parte immersa varia continuamente, ed anche il centro di spinta si sposta così da creare sempre una coppia raddrizzante.
Il momento critico si ha quando il battello passa dalla posizione in immersione a quella di superficie: vi è nel passaggio un momento durante il quale il sommergibile è instabile, un eccessivo sbandamento ne può provocare il rovesciamento, ed in questo caso per noi sarebbe finita. Il capovolgimento del battello provocherebbe il rovesciamento delle batterie elettriche e la formazione di cloro ci porterebbe in breve tempo alla morte per avvelenamento.
Sono quindi con i nervi tesi in attesa di vedere come finirà: ormai siamo vicini alla superficie, ma siamo anche vicini allo sbandamento di 90 gradi sulla dritta. Più nessuno ormai è in piedi, chi è disteso a paratia con le mani aggrappate ai comandi delle eventuali manovre da eseguire, altri sono distesi sulla parete. Quasi tutti hanno avuto ematomi di vario genereper i vari urti. Chi ha avuto la peggio sono il cuoco ed il suo aiutante che hanno subito delle scottature perché, affaccendati in cucina; all'inizio dello sbandamento hanno cercato di trattenere tutti i loro oggetti e sopratutti i grossi pentoloni sui fornelli. Infatti sui fornelli, ormai accesi da parecchio tempo, l’acqua stava per entrare in ebollizione. Il cuoco e l’aiutante, all’inizio, si sono dati da fare per mantenere i pentoloni al loro posto, ma poi continuando lo sbandamento, cuoco, aiutante, pentoloni, acqua bollente, stoviglierie, alimenti, tutto è stato travolto ed è finito a paratia.
Finalmente sento che lo scafo dondola, siamo in superficie ma coricati sul lato destro e mi domando con angoscia: si raddrizzerà? Sembra che il sommergibile ci pensi anche lui, perché per pochi, ma lunghissimi secondi, rimane coricato. Poi il movimento di raddrizzamento inizia e in poco tempo si completa. Siamo di nuovo in piedi, le vedette si arrampicano sulla scaletta della torretta, si apre il portello e escono in plancia nella nera oscurità della notte.
Mentre ognuno di noi provvede al riassetto interno di tutto ciò che è finito a pagliolo, ognuno conta gli ematomi e si sfrega i lividi. Il comandante in plancia studia la costa per poter reperire l'entrata di Bardia. Siamo molto in ritardo, perché dovevamo entrare verso le ore 21 ed ora, che è passata la mezzanotte, siamo ancora fuori. Non è facile di notte trovare l'entrata di Bardia, perché la costa, se ben ricordo è un altopiano tra i quaranta e cinquanta metri sul livello del mare, e forma scogliera.
Le vedette, l'ufficiale di rotta, il comandante esplorano la costa, senza luna, e solo con il lucore delle stelle non è facile reperire tra le nere scogliere il canale di entrata. Avanziamo sui motori elettrici per evitare ogni rumore: Bardia è circondata e certamente ci sono truppe nemiche anche sul bordo del mare; non ci devono individuare perché si possa portare a termine la missione di rifornimento.
Lentamente la costa si avvicina: siamo in perfetta oscurità. come abbiano fatto le vedette a reperire l'entrata con i binocoli notturni è indice di buona vista e di capacità di osservazione. Ormai anch'io sono potuto salire in torretta perché di eseguire manovre di immersione ora non se ne parla, e sono libero. Si passa tra rocce alte, alzando lo sguardo vediamo le stelle, mi sembra che allungando un braccio fuori dal corrimano della torretta io possa toccarle. Finalmente siamo nel bacino di Bardia...
A cura di Ezio Maifrè
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