Esistono dubbi persino sull’anno di nascita che sembra essere stato il 1514;di certo si hanno notizie più concrete sulla prima comparsa dei Valorsa a Grosio: pare infatti che il ceppo di questa dinastia ebbe origini nel 1407, in quanto in un atto comparve il nome di Laurentius dictus Valorsa.
Il vero patriarca della casata dei Valorsa fu il padre di Cipriano Bartolomeo; negli atti notarili riferiti ai vari testamenti dei Valorsa, di cui spesso figurava come curatore, risulta che Bartolomeo era un “faberlignarius” che secondo la terminologia comune dei notai del tempo significava intagliatore.
Tornando a Cipriano non si hanno notizie che possano affermare con certezza quando e in che modo si avvicinò all’arte della pittura anche se è sicuro che tra i famigliari del pittore vi furono degli appassionati di arte e di disegno, tanto che in alcuni scritti si afferma che l’arte era di casa nella famiglia.
Appartenne a quella vasta schiera di artigiani grosini tra i quali figuravano fabbri, lapicidi, muratori ed altri pittori; la sua pittura però non rimase chiusa tra i confini della località valtellinese in quanto le opere che recano la sua firma sono molte e sono diffuse in tutta la provincia ed anche fuori.
La personalità artistica di “Ciprianus Grosiensis”, così infatti si faceva chiamare il Valorsa, si ispirò alla pittura del primo cinquecento lombardo; si distinse nella rappresentazione di soggetti di immediata comprensione e di facile lettura per l’ipostazione iconografica legata alla tradizione. Il critico d’arte valtellinese Gianoli ha scritto di lui:
“Egli non fu un sommo, né l’arte sua raggiunse le altezze della perfezione, ma l’opera del pittore grosino si rivela pura lieta e pacata”.
Nell’esprimere grazia e morbidezza ai Santi, alle Madonne e agli Angeli, che molto spesso costituivano i punti cardine della sua opera, il pittore manifestò chiaramente gli influssi artistici di pittori come il Borgognone e il Luini e si afferma che la vivacità narrativa che risulta essere evidente nelle sue opere derivi da Gaudenzio Ferrari; quest’ultimo fu esponente della pittura lombarda: infatti, operò per un lungo periodo nella nostra valle tra il 1520 e il 1540 e per il Valorsa divenne un maestro ed un inarrivabile modello. Ma Cipriano da Grosio non mancò di lasciar intravedere nei suoi lavori l’influenza della scuola bresciana del Foppa di Gerolamo da Romano e Vincenzo Civerchio che lavorò che dipinse a Lovere e a Lecco nel 1539.
Dopo la sua morte avvenuta nel 1604 sull’opera del “Raffaello della Valtellina” calò una sorta di sipario e i suoi innumerevoli lavori non vennero mai rivalutati e tenuti in degna considerazione per moltissimo tempo; la riscoperta di questo pittore si deve in primis al Sacerdote Nicolò Zaccaria che fu parroco di Stazzona e successivamente di Sondalo. Lo Zaccaria nel 1883 pubblicò un appello per riscoprire e salvare le opere del pittore ed a questo invito risposero molte personalità di spicco del tempo tra i quali il Conte Luigi Torelli, Emilio Visconti Venosta, Giovanni Morelli e il critico d’arte Gustavo Frizzoni, noto a livello nazionale.
Don Nicolò concentrò la sua attenzione sui dipinti attribuiti al Valorsa presenti a Stazzona, Mazzo, Grosio, Sondalo e Bormio; poi, il sacerdote Santo Monti, Antonio Giussani e Tullio Urangia Tazzoli si dedicarono alla riscoperta e allo studio delle altre opere del pittore arrivando a scoprire un quadro del Valorosa nella chiesa parrocchiale di Pelizzano in Val di Sole.
A conti fatti le opere attribuite a Cipriano furono una cinquantina e davanti a questi numeri lo stesso Giussani si chiese come mai tanti pregevoli dipinti potessero uscire dalle stesse mani.
La risposta al Giussani la si può dare affermando che l’attività artistica del Valorsa abbracciò quasi settant’anni e in questo lunghissimo periodo lavorò intensamente avendo moltissime commissioni da parte di privati cittadini e da parte di ambienti religiosi.
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Ora analizziamo la presenza del Valorsa e della sua arte a Tirano: tra le innumerevoli opere d’arte che sono presenti nella Basilica di Madonna di Tirano sopra il confessionale di destra vi è un dipinto su tela del Valorsa risalente all’anno 1576.
L’opera,che riporta i danni subiti da un principio di incendio sviluppatosi in sacrestia dov’era collocata,rappresenta “Il battesimo dei due infanti” figli di Christien Peterfeit di Bressanone e di Giovanni Rodio di Innnsbruck, risuscitati il 26 marzo 1505 così come documenta un atto notarile riferito ai miracoli della Madonna.
Nella rappresentazione il sacerdote Modesto da Chiavenna, in abiti liturgici, sta amministrando il sacramento ad uno dei due bambini, tenuto sulle braccia dal padre; nella scena sono raffigurati altri personaggi tra i quali il Podestà di Tirano Gabriele Scannagatta e il notaio Luigi Della Pergola; sono poi visibili in secondo piano il Cavalliere Luigi Quadrio e altri personaggi tra cui una nutrice che allatta l’altro bambino.
Altre opere attribuite al Valorsa in quel di Tirano sono presenti al palazzo Torelli.Per concludere riferiamo che il pittore grosino,secondo quanto risulta dal suo testamento,lavorò grazie alla sua dote di artista per quasi tutta la vita ma non accumulò grandi ricchezze infatti risulta che in molti frangenti non riuscì a riscuotere i compensi per il lavoro fatto e in alcuni casi dovette ricorrere alla giustizia per fronteggiare le insolvenze dei creditori.
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