Me ne sto seduto nel mio studio in Ospedale a refertare una radiografia. Entra uno dei miei collaboratori: "Primario, c'è di là Giulietta Masina. "Chi?" "Giulietta Masina, l'attrice, la moglie di Fellini: deve fare una lastra al ginocchio... ". (Di Franco Clementi)
Salto dalla seggiola, mi assesto il nodo alla cravatta, controllo l’abbottonatura del camice (di solito sbaglio le asole giuste e mi sta di sghimbescio) ed esco nel corridoio un po’ emozionato.
Ma sì! E' proprio lei, la mia attrice preferita, la “Gelsomina” de “La strada”, la protagonista di tanti film. E’ accompagnata da un’amica che funge, da quel che capisco, anche da segretaria, da dama di compagnia e forse da autista: parla con lei con grande confidenza.
La Masina è una distinta signora vestita con sobria eleganza, priva di ogni orpello, come si conviene a chi si rechi in visita da un medico; il trucco è appena accennato. Ha un viso ancora giovanile e gesti disinvolti ma composti, come di persona abituata a frequentare gente di mondo. Parla senza affettazione e senza “birignao”; mi stupisce tuttavia nel suo esprimersi una lieve inflessione romanesca, perché so che è nata nel bolognese e che per giunta ha sposato un romagnolo. “Si vede - penso - che la permanenza a Cinecittà l’ha contagiata”.
Ascolto brevemente la descrizione dei suoi disturbi, ma sono distratto perché penso a che cosa potrei dirle: manifestarle la mia ammirazione? Stucchevole, noioso. Farle una domanda sulla sua attività? Si casca nel banale e non mi vengono idee simpatiche o intelligenti. Mi sembra a un certo punto di essere come quel personaggio dei Promessi Sposi, il sarto di Chiuso, che essendosi preparato a fare un bel discorso al Cardinal Federigo, nel momento dell’incontro, preso dall’emozione, riesce a dire solo un “Si figuri!”.
Ma soprattutto mi pare scorretto che io approfitti di un esame medico per portare il discorso fuori dagli immediati interessi di chi a me si è rivolto.
Quindi mi attengo solo a domande strettamente professionali.
Ma è la stessa Giulietta che, sentendo la mia parlata, mi chiede : “Ma lei, dottore, non è di queste parti !”. “ Sono romano” - rispondo - e s’intreccia così una breve conversazione:
“Si trova bene quassù?”
“Sì, sono più di trent’anni che vivo in Valtellina.”
“Rimpiange Roma ?”
“Come turista la vedo volentieri; per il resto no, non la rimpiango.”
“Sì, è vero - sospira la Masina - a Roma non si vive più.”
Intanto torna la lastra sviluppata, le do un’occhiata e mi premuro di dare a voce una prima rassicurazione: “Non c’è nulla di serio; se ha la pazienza di aspettare un momento, le faccio subito il referto scritto. Sarò corto ma breve...” Lei sorride (oh, finalmente l’ho detta la spiritosaggine... ).
Giulietta Masina è stata un’attrice fuori dagli schemi della cinematografia italiana dove, in campo femminile, hanno prevalso le bellone anatomicamente dotate, spesso direttamente sdoganate dai concorsi per “Miss Italia”. Lei ha colmato il vuoto di artiste capaci d’interpretare ruoli di creature semplici, spontanee, sensibili, non belle, non fatali, che sanno tuttavia allacciare con lo spettatore un rapporto immediato di simpatia, di comprensione, di umanità.
Ne è testimonianza diretta la facilità con cui anche ai bambini i personaggi di Giulietta sono graditi.
Chi abbia in mente il film “La strada” (il suo capolavoro) deve riconoscere che c’è assai maggiore profondità di amore nella figura di “Gelsomina”, angariata dal brutale Zampanò, di quanta non si rinvenga nelle melasse sentimentali o nelle esuberanze erotiche che scorrono abitualmente sugli schermi cinematografici.
Beh! Cara Giulietta, se non ho potuto o voluto farlo il giorno in cui ti ho vista, lascia che te lo esprima ora il mio applauso: “Sei stata proprio brava. Ci manchi. In tanti ti abbiamo voluto bene... e te ne vogliamo ancora!”.
Franco Clementi
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