La rubrica, a cura di Ezio Maifrè, per capire i modi di dire
dialettali, grazie alla spiegazione e ad un racconto specifico.
Questa rubrica settimanale dei
"modi di dire", nel contesto del racconto, ha lo scopo di rammentare in
gergo dialettale una espressione e non si riferisce a fatti e a persone.
Anno 1970, mese di settembre.
Arturo, il pastore, diceva d’aver visto Marco in cima al Monte Padrio, la dolce e tonda montagna che insiste sopra Trivigno. L’aveva visto tendere le braccia verso il cielo. L’aveva sentito gridare “ i mà dìcc de tàss, che sòo l’ültima röda del càr!!!“. Poi, con passo d’automa, l’aveva visto dirigersi e scomparire dentro il grande canalone franoso sul lato della montagna. In molti l’avevano cercato per giorni e giorni, ma di lui nessuna traccia.
Era scomparso dopo aver innalzato per ben tredici volte il suo grido di dolore: “sòo l’ütima röda del car!!“. Quel grido, sembrava ancora echeggiare nelle notti di luna piena. Così narrava a tutti Arturo, il pastore che , da quel giorno, perse il sonno.
Marco chi era? Era un giovane intelligente, intraprendente e brillante tiranese.
Aveva frequentato in Svizzera negli anni 60 una prestigiosa scuola alberghiera e di turismo. Diplomato con lode aveva trovato un lavoro in un grande albergo a Sant. Moritz.
In poco tempo s’era fatto un’ ottima esperienza. Sapeva come ricevere i clienti e accontentarli in ogni loro desiderio . Insomma li congedava con gentilezza estrema. Diventava l’amico premuroso , dei clienti che ogni anno ritornavano sempre più numerosi..
Marco aveva nel cuore un segreto desiderio: quello di voler proporre un turismo di eccellenza nella sua Valle, così come l’aveva visto e vissuto in Engadina. Aveva le idee chiare e sapeva cosa fare.
Aveva un amore nel tiranese: Trivigno. Lassù aveva ereditato dai suoi genitori una graziosa e vecchia baita. Appena poteva arrivava a Tirano e, con zaino in spalla, giungeva sino alla chiesa di S. Gaetano in un’ora e un quarto. Una preghiera e poi raggiungeva la sua baita in un luogo ombroso chiamato “li banchèli “. Dalla finestra della sua casa poteva spaziare la magnifica conca.
In Engadina aveva visto simili bellezze, ma per lui Trivigno appariva un sogno ancora più dolce, più bello e caro. Pensava nei momenti più belli: peccato, veramente un gran peccato che questa conca di cielo non venga valorizzata con un turismo d’eccellenza, come fanno gli Svizzeri.
In una sua ennesima venuta in Tirano, a fine agosto del ’70 seppe che i ristoratori e albergatori della cittadina avevano programmato una riunione particolare intitolata “Turismo nel tiranese, fatti e misfatti “. Non si lasciò sfuggire l’occasione. Volle partecipare al dibattito. Parlarono in molti e in particolare quelli che avevano attività sul territorio di Tirano. Fu un lamento generale. Nessuno era soddisfatto di come andavano le cose. Uno dopo l’altro proponevano idee. Alcune erano stravaganti, altre strampalate da trattenere il riso.
Marco ascoltò con attenzione. Capì che i presenti, pur avendo tutte le buone volontà di questo mondo , non avevano sufficiente esperienza nel gestire un moderno turismo di massa, figuriamoci un turismo d’elite.
Marco chiese la parola e l’ottenne. Presentò alla platea il suo curriculum, la sua esperienza. Fece delle osservazioni, delle proposte, indicò delle soluzioni.
Alla fine della sua prolusione ci fu un silenzio generale. Si guardarono l’un l’altro mentre il conduttore della riunione sbottò: “lei, caro giovane, non conosce la realtà del tiranese. Io credo, che lei sia “ l’ültima röda del car ” , l’ultima persona, che può proporre soluzioni sulla crisi del turismo nella nostra zona”.
Marco zittì. Capì che quell’assemblea diffidava delle idee e delle proposte di gente foresta. Intuì che, in questo modo, quei signori non avrebbero mai cavato un ragno dal buco. Non disse altro, salutò e se ne andò deluso.
Andò in Trivigno e quel pomeriggio stesso, raggiunse il Monte Padrio. Arturo, il pastore, fu l’ultimo a vederlo.
Lo cercarono per un mese. Molti pensarono che si fosse nascosto in qualche anfratto segreto e si fosse ucciso per la delusione. Ma non fu così. Passò quella notte sul Monte Padrio, urlando di dolore nel canalone “sòo l’ütima röda del car!!“. All’alba scese da Trivigno. Non volle vedere e salutare nessuno. L’indomani giunse a Genova e parti per l’Australia. Passarono quasi trent’anni. Marco laggiù, con le sue idee, ebbe un successo incredibile. Aprì un albergo dopo l’altro sino a formare una grossa catena alberghiera. Divenne miliardario.
Alla fine degli anni 2000, ormai anziano, giunse a Tirano. Fece un bel giro d’ispezione , come lo sapeva fare lui, con l’occhio critico del mestiere. Vide che il suo paese non era cambiato di molto.
Stupì solo per il Trenino Rosso del Bernina. Pensò: ancora una volta gli Svizzeri hanno visto giusto e Tirano ne ha avuto beneficio.
Visitò il Santuario di Madonna di Tirano. Vide la folla di molti pellegrini e pensò: ecco un altro miracolo economico caduto dal cielo sulla testa dei tiranesi.
Andò in Trivigno. Trovò “la magnifica conca” quieta e deserta. Pensò: peccato che questa ricchezza sia stata messa in cassaforte.
Durante il suo soggiorno in Tirano riconobbe quell’anziano signore che, in quella lontana riunione, lo considerò “ l’ültima röda del car ”. Era quello che con supponenza gli fece capire che non poteva pretendere d’essere ascoltato a causa della inesperienza sulla realtà turistica del tiranese.
Marco si fece riconoscere. Raccontò la sua esperienza in Australia e il suo successo.
Il signore anziano stupì. Disse: ” Sì, lei aveva ragione, ma noi siamo fatti così. Non ascoltiamo chi arriva da fuori paese, non ascoltiamo i “ survegnüü”. Meditiamo, facciamo tutto secondo nostro cranio. In verità non abbiamo fatto molti progressi in questi ultimi anni. Se vuole, ora potrebbe con la sua esperienza, darci una mano nel risolvere i nostri problemi“.
Marco sorridendo rispose : “ Mi spiace, ho altri impegni ! Però fareste bene a sentire anche le altre campane fuori valle, sennò nel turismo si rischia di rimanere al palo.
Quando seppe che altri come lui non erano stati ascoltati e fors’anche considerati come “ l’ültima röda del car” tornò in Australia senza rimpianti.
Ezio Maifrè
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