La rubrica, a cura di Ezio Maifrè, per capire i modi di dire
dialettali, grazie alla spiegazione e ad un racconto specifico.
Questa rubrica settimanale dei
"modi di dire", nel contesto del racconto, ha lo scopo di rammentare in
gergo dialettale una espressione e non si riferisce a fatti e a
persone. Impariamo dai preti. Loro ne sentono di orbe e straorbe in confessionale. Ascoltano e tacciono. Al massimo se i peccati sono grossi come una montagna e se non ti penti non ti danno la assoluzione. Tu però te ne vai tranquillo perché dal confessionale non uscirà una parola su quel che hai detto. Ameno che non ci sia, nel confessionale , qualche cimice messa da un ignoto 007 ingaggiato da qualche marito o moglie gelosa. Da noi non è mai successo.
Arriviamo dunque ad un argomento spinoso: la gelosia e la malalingua. Dicono che la gelosia, quella patologica, sia come il cancro. Le cellule della gelosia patologica (perche v’è anche quella sana e salutare che unisce la coppia ) ti invade dappertutto, anche il cervello. Ti tormenta, ti morde, e poi sfinito vaghi con il pensiero fino a sprofondare in un buco nero, assorbito dalla gravità dei pensieri spegnendoti l’animo. La malalingua è spesso una buona compagna della gelosia.
Veniamo però al nostro fatto. Avevano visto Orsolina, già fidanzata con Armando, a confessarsi ripetutamente. Un giorno sì e un giorno no andava in parrocchia e, in fila con la altre giovani signore, aspettava il suo turno per confessarsi. Quando entrava lei in confessionale, le altre signore potevano andare dal parrucchiere, tanto dovevano aspettare che finisse di confessare i suoi peccati a don Gelsomino, giovane e bel prete.
Questo prete, veramente, era un bel prete. Non di quei prototipi di preti arcigni, magri scannati da penitenziere e dall’espressione che ti fa ricordare che l’Apocalisse viene domani mattina. Non di quelli che sanno d’odore di sacrestia, di fumo delle candele, di minestrone preparato dalla Perpetua, ma di quelli profumati di lavanda freschissima. Non di quelli che hanno gli occhi del Signore quando era in croce, ma di quando accarezzava sorridendo i bambini o di quando una donna gli versò del profumo sui capelli.
Basta così! Quello era un prete affascinante, bravo e per di più discreto e sereno nelle espressioni e nei giudizi. Non ti condannava, al massimo ti diceva di pensarci due volte prima di peccare ancora. Però, c’era anche qui un però e, come tutti noi, le cose belle le teniamo preziose e care. Non si gettano mai. Orsolina aveva preso l’abitudine , negli ultimi tempi, non più di confessarsi ogni due giorni, ma una volta al giorno.
Poi d’improvviso una sera aveva suonato il campanello di don Gelsomino per dirgli che doveva confessarsi immediatamente per un peccato che le rosicchiava, in ogni istante, il cuore. “ Dimmi, Orsolina “ disse don Gelsomino, mentre Rosina, la sua perpetua, in cucina stava preparando l’arrosto. Doveva essere squisito poiché l’appartamento profumava che era un piacere annusare e don Gelsomino aveva una fame da lupo “Don Gelsomino, disse Orsolina con occhi languidi, mi sono innamorata di te“. Rispose “ L’avevo intuito. Me ne ero accorto dalla frequenza delle confessioni, dalla lunga esposizione dei tuoi lievi e inesistenti peccati.
Ascolta Orsolina, sei una bella ragazza, sei già fidanzata con Armando e sei una donna forse più buona dell’arrosto che mi sta preparando Rosin . Io però sono un prete e i preti non hanno ancora avuto il consenso dalla nostra madre Chiesa d’avere la fidanzata. Orsolina, per questa sera mi accontento del buon arrosto che mi sta preparando Rosina. Sono contento che tu mi voglia bene. Anzi, se vuoi puoi fermarti da me, questa sera, per gustare l’arrosto e bere un buon bicchiere di vino, poi ne parleremo, vedremo…”.
Orsolina sentì la porta della cucina scricchiolare e vide che la sua perpetua stava origliando. Orsolina si avvicino a don Gelsomino , poi sussurrò nell’orecchio con la bocca talmente vicina alla sua guancia da sembrare un bacio e disse: “Rosina, la tua perpetua, non andrà poi a dire a Armando che mi sono fermata da te a cena questa sera? “ Don Gelsomino disse: “stai tranquilla. Quando ho stipulato il contratto di colf con lei abbiamo scritto nero su bianco: “ Chèl che ‘l scùlta e’l tas ‘l mantègn la pas”, quello che ascolta e tace mantiene la pace. Fin’ora si è sempre attenuta alla regola“. Poi gridò dalla sala “ Rosina è pronto l’arrosto? Io e Orsolina abbiamo fame!”. Rosina era già pronta con il vassoio in mano dietro la porta della cucina e in un baleno apparecchiò.
Ezio Maifrè
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