1953: Il mio primo impiego all’Ufficio Tecnico del Comune di Tirano. Un capo ufficio buono con la passione delle bocce. Un Sindaco con nome e cognome dell’attuale Senatore tiranese (e suo nipote), Benedetto Della Vedova. Un assessore, Lorenzo Maganetti, che anni dopo avrebbe coperto, per vent’anni, la carica di primo cittadino. Eravamo nel dopoguerra ed una frazione nostra era, ed è, Baruffini sul versante retico, a quota poco sotto i mille metri. Frazione non dimenticata dagli Amministratori Comunali anche per merito di un parroco di montagna che amava i suoi fedeli e che, durante la seconda guerra mondiale, ha salvato le case della frazione dal volere fascista: don Gino Menghi. Don Gino è rimasto lassù per una ventina d’anni e ci sarebbe rimasto ancora se non avesse rispettato gli ordini dei superiori. A Baruffini, per lavoro, ho conosciuto molti indigeni ed alcuni di loro, ancora in vita, li incontro ancora oggi. Erano i tempi della costruzione della latteria, opera sostenuta da un morbegnese che tutta la Valtellina e tutta Italia ricorda: Ezio Vanoni. Ricordo la sua venuta da noi a Tirano, i suoi discorsi al Cinema Italia, la sua semplicità nel dire, la sua immatura dipartita. Erano i tempi del contrabbando, perdonatemi se aggiungo “ di illegalità per necessità”, per sopravvivere.
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2014. Molta acqua è passata sotto i ponti dell’Adda. Dopo più di sessant’anni dal mio primo impiego a volte, con un caro amico, da pensionato, vado ancora alla frazione sopra citata. Ci vado per ricordare e per degustare il mio piatto preferito, i pizzoccheri, nell’unico ristorante rimasto. La frazione, Baruffini, ha tenuto duro nonostante la migrazione verso valle di diversi suoi abitanti. Gli spalloni di un tempo, i più avveduti, avevano investito i loro risparmi costruendo la casa a Tirano o sistemando quella natia in loco. Gli altri, quelli rimasti lassù, sono ancora numerosi. Alcuni si dedicano al lavoro nei vigneti, altri hanno trovato impiego negli stabilimenti a fondo valle. La loro vita lassù scorre tranquilla, o meglio, scorreva tranquilla sino a qualche tempo fa, sino a quando gli irresponsabili della Comunità Europea, del Trentino e dell’Alto Adige hanno introdotto nel vecchio continente gli orsi.
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2014. Molta acqua è passata sotto i ponti dell’Adda. Dopo più di sessant’anni dal mio primo impiego a volte, con un caro amico, da pensionato, vado ancora alla frazione sopra citata. Ci vado per ricordare e per degustare il mio piatto preferito, i pizzoccheri, nell’unico ristorante rimasto. La frazione, Baruffini, ha tenuto duro nonostante la migrazione verso valle di diversi suoi abitanti. Gli spalloni di un tempo, i più avveduti, avevano investito i loro risparmi costruendo la casa a Tirano o sistemando quella natia in loco. Gli altri, quelli rimasti lassù, sono ancora numerosi. Alcuni si dedicano al lavoro nei vigneti, altri hanno trovato impiego negli stabilimenti a fondo valle. La loro vita lassù scorre tranquilla, o meglio, scorreva tranquilla sino a qualche tempo fa, sino a quando gli irresponsabili della Comunità Europea, del Trentino e dell’Alto Adige hanno introdotto nel vecchio continente gli orsi.
Ora possiamo dire che gli abitanti di Baruffini, vivendo in quota, si sono salvati dai malviventi italiani, ma il pericolo viene dall’alto. Mi dicono che gli amanti della raccolta dei funghi, la stagione è favorevole, hanno nel portafoglio l’immagine di S. Pietro Martire, Patrono della frazione. Un novello patrono, giunto a Baruffini anni fa, a nome Fulvio, si è innamorato di una mora del posto. L’ha sposata ed in loco ha costruito una dimora bella quanto la consorte. Ha fondato un’ Associazione denominata “Il Masuccio” e tra le molte attività ha avuto successo la compagnia teatrale “Barfi & Friends”. Alcuni giorni or sono ho trovato, su un quotidiano locale, un articolo dal titolo “Con zero ruggine tutta Baruffini ha cambiato volto”. Così sono venuto a sapere che l’Associazione “Il Masuccio”, tramite gli associati, ha ridipinto 450 metri di ringhiere metalliche arrugginite lungo la frazione. Tutto in modo gratuito ad eccezione dei materiali forniti dal Comune.
Ho incontrato Fulvio Schiano a Tirano, mi sono congratulato con lui. “Tra giorni vogliamo partire per Roma per dare una mano alla disastrata Capitale” mi ha confidato. “Senti Fulvio” gli ho risposto “non fare il cretino. Se volete andare a Roma andate pure, ma non per aiutare la città che non lo merita. Se proprio volete fare qualcosa date una mano di tintura bianca sui visi di molti di coloro che siedono sui banchi di Palazzo Madama e di Montecitorio. Con il vostro lavoro cancellereste alla vista degli italiani le facce di quei visi pallidi che siamo stufi di vedere.”
Giancarlo Bettini
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