Serata di grande ciclismo parlato ieri sera ad Aprica presso la sala congressi della stazione sciistica orobica, dove sono state presentate le due tappe del prossimo Giro d’Italia in territorio valtellinese e in parte camuno: la Pinzolo-Aprica del 26 maggio, 17ª frazione, e la Tirano-Lugano del 27 maggio, 18ª.
Platea qualificata, con sindaci e amministratori locali in quantità, seduti di fronte a un proscenio d'eccezione composto dall'ex direttore del Giro d’Italia e cittadino onorario aprichese (anche per la sua più che cinquantennale frequentazione) Angelo Zomegnan, il CT azzurro Davide Cassani, l'assessore regionale lombardo allo Sport ed ex campione del mondo e olimpico di canottaggio Antonio Rossi, il direttore del Giro Stefano Allocchio. Per l’occasione è stata presentata anche la Gran Fondo Giro d’Italia organizzata da RCS, in programma il 17 maggio sul percorso del tappone alpino, con differenti chilometraggi.
L'eloquente narratore Marco Pastonesi, oltre che ricordare spezzoni di storia del ciclismo e in particolare la prima volta del Giro al passo Aprica nel 1950, con Coppi vincitore del traguardo volante, ha provocato con le sue domande vari spunti di riflessione, conditi - specie tra gli sportivi Rossi, Cassani e Allocchio - da frizzi e lazzi, ma anche da intensi momenti. La serata ha visto il saluto della autorità locali: Carla Cioccarelli, sindaco di Aprica (ha accennato alle iniziative di contorno in preparazione) e Anna Maria Saligari, presidente della Comunità Montana di Tirano, che hanno rappresentato tutti gli altri colleghi presenti.
Con la coordinazione del giornalista Pietro Illarietti, ha quindi preso il via la serie degli interventi. Antonio Rossi ha parlato della sua crescente passione per il ciclismo: «Ho 4 bici da corsa, ma quella a cui sono più affezionato è una Bianchi del team Mercatone Uno di Pantani. Me l’hanno pure rubata e fortunatamente ritrovata».
A proposito del campione di Cesenatico, forte e polemico il ricordo di Zomegnan: «Ho ancora ben in mente quella mattina in cui venni chiamato da Beppe Martinelli per il problema del controllo di Madonna di Campiglio. Situazioni e momenti indimenticabili, drammatici. In quel periodo Marco era il dio del ciclismo, più potente dell’Armstrong dei sette Tour. Nel 1998 aveva fatto la doppietta. Poi ognuno cercò di ritagliarsi il suo piccolo angolo di popolarità parlando della vicenda, anche quelli che non c’erano. Io ero lì, conservo ancora i documenti di quell’episodio, chissà che un giorno non li tiri fuori. Intanto li abbiamo e sono lì». Infine un personale giudizio: “Ho promesso ai genitori del pirata che mi sarei astenuto da commenti. Posso solo dire che lui era eccessivo in tutto, nel bene come nel male».
Sentito anche l’intervento di Cassani, che ancora ricorda la sua infanzia in bici: «Ero piccolo e rammento ancora il mio prete, Don Pierino, che il 25 di aprile ci portava in bici. Io pregavo Dio che mi facesse diventare forte quanto Gimondi. Non lo sono diventato forte quanto lui, ma ho realizzato un altro sogno: diventare CT».
Gustoso l’intervento di Allocchio, direttore di corsa: «Ero un esperto del conteggio del tempo massimo. Un’attività difficile da realizzare: calcolare la velocità di marcia sulle salite e discese a rotta di collo per salvarsi, anche per pochi secondi e arrivare all’arrivo d’un fiato per rimanere in corsa».
Tanto il pubblico in sala, che ha poi dato vita ad un nutrito dibattito.
Tanto il pubblico in sala, che ha poi dato vita ad un nutrito dibattito.
Antonio Stefanini
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