Quella che vi stiamo per raccontare è una delle tante storie avvenute nella nostra Tirano narrate in prima persona da Giovanni Visconti Venosta nella sua opera Ricordi di gioventù... (Di Ivan Bormolini)
La vicenda, o per meglio dire le vicende, descrivono a chiare lettere quanto siano stati tesi i rapporti tra i soldati croati a capo dell’esercito austriaco e la popolazione, e nello specifico, il nostro illustre concittadino fa riferimento alle vessazioni che la sua famiglia dovette subire dalla smisurata prepotenza di questi rudi uomini d’armi.
La dimora dei Visconti Venosta in quei periodi era stata in parte occupata proprio dai soldati croati e dal loro comandante; ovviamente i modi rozzi di quel gruppo di militari stridevano in modo evidente con gli usi ed i costumi dei Visconti Venosta. Presto, infatti, la grande casa venne trasformata in una caserma dove certo non si andava per il sottile e non si badava a ciò che di prezioso o culturalmente importante vi fosse nel palazzo.
Per Giovanni Visconti Venosta, per sua madre, così come per il resto della famiglia, lo spettacolo appariva ogni giorno più desolante e struggente tanto che gli stessi Visconti Venosta si saranno più volte chiesti: quale reazione opporre a quegli ufficiali e a quegli attendenti a cui la famiglia era, contro ogni sua volontà, obbligata a dare alloggio?
Apparentemente nessuna, ma un giorno la madre di Giovanni si trovò di fronte ad una scena talmente riprovevole per la sua persona e per la sua dimora, che non curante di eventuali sanzioni e con evidente stato di rabbia reagì. Ecco come si svolse la scena raccontata dallo stesso Giovanni Visconti Venosta:
"… Per entrare nel salotto dove mia madre stava di solito si attraversava un salone che conduceva, da un altro lato della casa, ad alcune stanze occupate dagli uffiziali cui eravamo obbligati forzatamente a dare l’alloggio.
Che cosa vede un giorno mia madre?
Gli attendenti degli uffiziali avevano piantato in mezzo al salone un fornello, servendosi dei colonnini e di parte del davanzale del balcone che avevano distrutto; poi con delle sedie spezzate avevano acceso il fuoco sotto una cazzeruola, da cui usciva un fumo nauseante.
Mia madre a quello spettacolo, uscì per un momento dalla sua calma consueta, e pigliata la cazzeruola pel manico la fece volar fuori dalla finestra; poi si richiuse nel suo gabinetto.
Per alcuni minuti si sentì rintuonare la casa di voci irate,e di sciabole ripercosse sullo scalone; poi tutto ritornò nel silenzio di prima.
Ma alcuni giorni dopo ci capitò dal comando militare di Sondrio una sentenza con la quale la famiglia Visconti Venosta, colpevole di contegno ingiurioso verso gli attendenti degli ufficiali alloggiati in casa, veniva punita con l’occupazione della casa, a tempo indeterminato, dando alloggio cioè un’intera compagnia ossia duecento soldati... ".
Oltre al danno materiale e sicuramente morale, dunque, anche la beffa ad ennesima riprova e dimostrazione della prepotenza degli austriaci, delle loro leggi e del loro esercito; sta di fatto che a poche ore dall’intimazione della Sentenza arrivò la compagnia occupando immediatamente i locali che più garbavano al capitano rilegando così gli scoraggiati proprietari all’uso di poche stanze.
Multe ai comuni per banali motivi ,condanne come quella inflitta alla famiglia dei Visconti Venosta, arresti e di tanto in tanto qualche fucilazione, erano in quei periodi dei fatti che si verificavano con una certa frequenza e facevano vivere la popolazione in uno stato di continua apprensione che aumentava quando, alle vessazioni dei comandanti del luogo, si aggiungevano quelle messe in atto dai comandanti delle province che come descrive il Visconti Venosta non andavano per le sottili incutendo terrore tra gli abitanti:
“... Ogni tanto capitava a Tirano, improvvisamente da Sondrio, qualche uffiziale superiore ,o qualche commissario di polizia, accompagnato da una scorta di soldati che venivano a far perquisizioni o a prender nuovi provvedimenti di sicurezza.
Non so come, poiché allora era un secreto, qualcuno del paese n’era spesso prevenuto alcune ore prima e, allora, i principali patrioti, a buon conto, pigliavano subito il largo: tra questo c’eran sempre il buon Parroco di Tirano Don Carlo Zaffrani (1) ,mio fratello Emilio ,mio zio Merizzi, i fratelli Salis, il dottor Andres, l’ingeniere Antonio Della Croce e Luigi Negri. Parecchie volte arrivavano simili avvisi durante la notte, e allora alla spicciolata si pigliava la montagna e si andava al di là del confine a Campocologno o a Brusio, ricoverandosi in qualche osteria... ”.
La casa dei Visconti Venosta, pur essendo adibita a caserma, non era certo immune da controlli sui beni della famiglia ed una perquisizione rischiò di compromettere seriamente la posizione di questi proprietari di fronte alla inflessibile giustizia austriaca.
“... Un giorno si corse un brutto pericolo. Mio zio Merizzi venne a dirci di buon mattino che nella notte erano arrivati da Sondrio un Maggiore e un Commissario che avevano fatto circondare di soldati il paese e che avevano principiata una severa perquisizione nelle case per scoprire se ci fossero armi”.
A quel punto la madre, sapendo che le armi erano state consegnate da un pezzo alle autorità, avvisò comunque il fattore dell’imminente perquisizione convinta di non aver nulla da temere, ma purtroppo il buon uomo alle sue dipendenze nascondeva un fucile perfettamente funzionante consegnatogli un anno prima da un volontario.
“Fu per tutti un momento di grande ansietà. Mia madre fece chiamar subito un vecchio cantiniere di casa per fargli spezzar l’arme e nasconderne poi i pezzi. Ma il cantiniere vedendo mia madre tanto agitata disse: “Stia tranquilla quest’arme scomparirà, ma non la romperò, né la consegnerò; la metterò in salvo, ci penso io. Ogni protesta da parte nostra fu inutile, il cantiniere nascose il fucile in una gerla in mezzo al fieno; poi ,con la gerla sulle spalle attraversò il paese, passò in mezzo ai soldati ,e andò a sotterrarlo in una vigna.
Poco dopo avevamo la perquisizione in casa,e intanto se ne ritornava tranquillamente da una spedizione che avrebbe potuto costargli la vita.
Mia madre non mancò dimostrargli largamente la sua gratitudine per l’atto generoso”.
A cura di Ivan Bormolini
(1) Don Carlo Zaffrani: fu prevosto di Tirano dal 1844 al 1860,di lui nel suo libro “Tirano”il Varischetti disse: “Di origine Comasca e nutrito di buoni studi letterari,insegnò retorica al collegio Gallio di Como.Promosso alla parrocchia di Tirano nel 1844,vi profuse ammirevole zelo e seguì con simpatia tutti i movimenti patriottici e risorgimentali
Dello Zaffrani c’è una nota scritta da Giovanni Visconti Venosta che recita:
“Il prevosto di Tirano,don Carlo Zaffrani,un buon prete patriota,e ottimista anche più di noi e di mia madre,vedeva gli austriaci andarsene ad ogni più piccolo avvenimento;e intanto,pigliava il largo,a ogni buon conto,ogni volta che capitava in paese qualche Commissario straordinario di polizia, dacché aveva visto che si imprigionavano e si impiccavano anche i preti.”
FONTI: Ricordi di Gioventù di Giovanni Visconti Venosta
La chiesa di San Martino in Tirano di G.Garbellini e W.Marconi