Non fu solamente il terribile ZYKLON B usato nelle camere a gas, così come non furono solamente i lavori forzati e le epidemie, la costante scarsità di cibo e di acqua o le disumane condizioni igieniche alle quali venivano costretti, le cause della "liquidazione"di milioni di prigionieri nei campi di sterminio nazisti durante la seconda guerra mondiale.
Ebrei, zingari, malati di mente, gay e lesbiche, Slavi e Russi, invalidi e prostitute, preti che non si piegavano all'ideologia del Reich, tutti "esseri subumani, inutili bocche da sfamare", come venivano considerate dai Tedeschi. Contribuirono a quella carneficina, ed in maniera assai rilevante, anche gli innumerevoli esperimenti medici e di genetica, vere e proprie torture cui venivano sottoposti molti prigionieri in nome di una assurda ed irrealizzabile ricerca della Razza Suprema. Atrocità che solo menti abbiette e depravate poterono concepire. Esperimenti condotti nei lager da esimi scienziati e medici in netto dispregio del Giuramento di Ippocrate e di tutti i Trattati Internazionali sui diritti umani in materia di sperimentazione scientifica, vigenti anche in Germania sino al 1933, l'anno della presa di potere di Hitler.
Ma soprattutto in dispregio della vita umana. A partire dall'autunno del '45 e per la durata di 4 anni si svolse a Norimberga il famoso processo ai criminali di guerra nazisti davanti a una corte di giudici e procuratori degli Stati Uniti. Per la verità furono dodici i procedimenti che, oltre a quello più noto ai gerarchi, videro davanti alla sbarra anche i medici per l'appunto, e poi membri dello stato maggiore di esercito e aeronautica, giudici ed esponenti dei vari ministeri.
Nel 1945 l'autrice ha 22 anni ed ha appena iniziato il suo lavoro di stenografa presso vari tribunali negli Stati Uniti quando decide ed ottiene il permesso di trasferirsi in Germania per poter lavorare ai processi. Sarà un'esperienza unica, pure se sotto molti aspetti difficile, dolorosa e anche pericolosa, degna di grande coraggio e forza di volontà. Un'esperienza che le cambierà la vita.
Non è facile vivere in una città completamente distrutta dalle bombe senza corrente elettrica e acqua potabile, con le strade ancora piene di cadaveri e nella quale gli Alleati presenti, civili o militari che siano, sono minacciati costantemante dalle bande di nostalgici ancora attive e nascoste nei sotterranei e nelle cantine sempre pronti alla rappresaglia. In questo libro si racconta del processo ai medici ed agli scienziati che scelsero di collaborare con i Nazisti, chi per ideale, chi per convenienza economica e chi per paura o per puro sadismo, ma sempre consapevoli delle tragedie che andavano provocando. Una testimonianza veramente notevole e ricca di documenti e deposizioni trascritte di vittime ed aguzzini, riportate con grande passione, precisione e lucidità.
Già nel 1940 Hitler ed il suo fedele capo delle SS e ministro dell'interno del Reich Himmler (suicidatosi prima del processo), assieme ai vertici dei dipartimenti dell'esercito e della Luftwaffe (aeronautica militare), iniziarono la messa a punto di un piano che consentisse di trovare dei rimedi per i militari feriti in combattimento, o comunque venutisi a trovare in situazioni "estreme" (permanenza in acqua di mare gelata o al freddo, in mancanza di ossigeno o in preda a epidemie, fratture o perdita di sangue). Le cavie non mancavano, e da Dacau ad Auschwitz a Buchenwald centinaia di migliaia di persone innocenti subirono sofferenze indicibli nei "laboratori" gestiti da medici delle migliori famiglie tedesche e delle più prestigiose università statali.
Immersioni in vasche di acqua e ghiaccio per svariate ore per calcolare tempi di resistenza, permanenza nudi a temperature sotto lo zero per studiare le reazioni di cuore e cervello, simulazioni di ambienti ad altissima pressione o di vuoto totale, asportazione di ossa, muscoli o tessuti per eventuali reimpianti su soldati o piloti, sterilizzazioni o addirittura castrazioni, tutto nel nome della Patria e della Razza e nella maggior parte dei casi senza alcuna forma di anestesia. I tristemente noti esperimenti di genetica del dottor Mengele (che riuscì a fuggire in Sud America prima del processo) e del suo staff sulle coppie di gemelli, la contaminazione con virus del tifo, le trasfusioni con sangue infetto di malaria, gli esperimenti con gas Mostarda o con sulfamidici, sono solo alcune delle atrocità perpetrate su persone che "non valeva la pena mantenere in vita", secondo l'ideologia per cui la malattia era presente nel corpo dello Stato a causa di "un'invasione di esseri di sangue inferiore che ne avrebbe diminuito la purezza.
Inutile ricordare che in nessun caso si ottennero risultati scientificamente "utili" per gli scopi che si perseguivano, ma la perdita di vite umane fu senza dubbio molto elevata. Le testimonianze dei carnefici in nessun caso rivelano segni di pentimento o di rimorso e ravvedimento, anzi il più delle volte si dichiararono veramente convinti di aver agito a fin di bene e nel giusto.
Al suo rientro in patria dopo quasi 2 anni, l'autrice è un'altra persona, l'esperienza ha lasciato il segno e benché più di una volta durante le udienze avesse pensato di rinunciare, ora la sua vita ha uno scopo ben preciso: mai più devono verificarsi simili tragedie. Pur continuando nel suo lavoro nei tribunali americani, nel corso degli anni inizia ad indire convegni sull'Olocausto in varie università, dà vita a fondazioni, partecipa a congressi in varie parti del mondo. Conosce Elie Wiesel e la fondazione di Steeven Spielberg, il presidente Carter e vari personaggi famosi impegnati come lei nel contrastare il negazionismo ancora purtroppo molto presente in alcuni settori della società non solo in Europa, ma anche nel suo paese.
E poi scrive questo libro, pagine da leggere per riflettere, per imparare e per non dimenticare. Primo Levi, uno dei pochi italiani sopravvissuti al lager di Auschwitz, raccontò come la sensazione più atroce stesse nel fatto che prima di essere privato della vita ti sentivi completamente depredato dell'anima, riducendoti come un'involucro vuoto senza più sentimenti nè gioie nè dolori. Si, è importante conosciere per non dimenticare.
Rossi Mauro 59
Tirano