Avevo promesso che avrei offerto da bere e che avrei
rivelato il luogo della sorgente e la sua storia. Ebbene,lo farò. Ecco
il percorso. (Di Ezio Maifrè)
Giungete all’alpe di Ronco, (montagna di Trivigno nel
tiranese ) possibilmente a piedi percorrendo la mulattiera che parte
dalla località “Cadéni “ in Tirano.
Dopo un quarto d’ora giungerete
alla “ Prima Croce”. Dopo un altro quarto d’ora giungerete alla “Volta
del Pèrsech” e in dieci minuti sarete a Ronco.
Avrete fatto circa tre quarti d’ora di mulattiera ombreggiata: vi
spettano alcuni minuti di riposo. Dallo spiazzo delle piante di tiglio
potrete ammirare Tirano e la val Poschiavo.
Per giungere al “ funtanin de Rùnch “ occorre però fare altri cinque
minuti di strada tra i prati di Ronco e giungere alla più bassa baita
dell’alpe. Da lì imboccate il sentiero nel bosco e in cinque minuti vi
troverete innanzi alla magica sorgente.
La leggenda della sorgente di Ronco (‘L funtanìn de Rùnch)
Chii ‘l völ viv nuvant’àgn e pàsa sénsa malàs
‘l bévis àqua del funtanìn dela Val de la Gànda,
‘n chèla surgìva, matèi e matèli, ghìi de tacàs
se vulìi bév àqua püra cùma Dìu cumànda!
Iscì la mè àva Vergìnia a tücc i la cüntàva,
e lée l’è scampàda fìna a nuvantadùu agn,
‘nvéce ‘l mè àvv Giàcum che ‘l vin ‘l slapàva
l’è mort che ‘l gh’éra gnamò sesantàgn.
Le
lacrime possono essere acqua d’amore o di dolore, ma l’acqua della
sorgente di Ronco sono lacrime d’amore. Essa sgorga silente e copiosa,
fresca e pura da un anfratto roccioso. In quell’anfratto palpita il
cuore di una ragazza innamorata e lo si sente dal costante gorgoglio
della sorgiva. Nelle notti senza luna, quel gorgoglio si fa sottile e
tenue, quasi fosse un singhiozzo di ragazza per il suo principe azzurro
lontano e irraggiungibile.
Quella sorgiva vive nel bosco
di faggi nella valle della Ganda e palpita di luce propria. E’ immersa
tra lame di sole che penetrano tra i rami dei faggi secolari tra diafane
penombre. Qui il canto del cuculo fa da contrappunto a una storia che i
nostri avi raccontavano solo dopo aver bevuto l’acqua nel cavo della
mano.
1915: la grande guerra era incominciata. Un gruppo di
soldati d’artiglieria alpina di stanza alla caserma in località Piscina e
al forte Sertoli di Canali era ogni notte di guardia nelle trincee
scavate nel bosco proprio di fronte all’antica osteria della Virginia.
Due cannoncini da 45 mm erano puntati verso la val Poschiavo.
Dovevano fare da deterrente nel caso in cui il potente esercito tedesco
fosse sceso dal passo del Bernina per giungere in Valtellina.
Il
capitano Giacomo comandava quel plotone di artiglieri. Era un bel
giovane; baffi e barbetta nerissima, occhi azzurri, sguardo fiero,
nobile in ogni suo gesto riguardo ai suoi soldati. Tutti amavano e
rispettavano il bel capitano.
Quando era stato richiamato alle armi
aveva dovuto lasciare a Vicenza il suo amore: la bella e dolce Martina.
La sera, suonato il silenzio, il bel Capitano invece d’andare a
riposare si avviava solo e soletto per un sentiero tra pini e betulle,
sino a raggiungere un faggio secolare nella Valle della Ganda. In quel
bosco, nelle notte di luna si potevano veder ballare e cantare gli elfi.
Gli elfi sono esseri simili agli umani nelle loro passioni. Sono alti e
magri, talvolta capricciosi e benevoli verso l’uomo che li rispetta.
Possono donare oggetti magici a coloro che sono puri di cuore e molte
volte aiutano le persone buone. Giacomo si fece amico dell’elfo “
Roncolino”.
Quell’elfo
era l’incarnazione di un antico e nobile guerriero tiranese; era un
essere intelligente e armonioso e abitava nel tronco cavo di un faggio
che ancora oggi si può toccare. L’elfo, amico di Giacomo, sapeva
forgiare spade con metalli preziosi.
Una notte disse al bel
Capitano cosa potesse donagli per farlo contento: gli propose una spada o
un elmo. “No, rispose il capitano, vorrei una mazza magica che,
battendola sulla roccia accanto al tronco della tua casa, mi faccia
apparire la mia bella Martina, ogni notte”.
“Solo questo, disse
elfo Roncolino, solo questo per farti contento ? Bene, ecco la mazza
magica, ma il suo potere durerà solo un mese”.
Così il bel
capitano, ogni notte si recava presso il bosco di faggi degli elfi; con
la mazza magica batteva sulla roccia e come d’incanto appariva
sorridente e felice la sua bella Martina. Ogni notte per un mese
parlarono d’amore. Passato un mese la mazza magica cessò di funzionare.
Il
bel Capitano ogni notte si sedeva sconsolato presso il grande faggio;
continuava a battere la mazza contro la roccia con la speranza che
ancora per una volta funzionasse. L’elfo Roncolino, sentendo quel
battere forsennato, si impietosì poiché anche lui in vita aveva provato
le pene dell’amore lontano. Uscì dal tronco e gli disse : “ Vedo che
anche la tua bella Martina, lontana in quel di Vicenza, sta piangendo.
Non posso più aiutarti a vederla ogni notte, ma posso donarti le sue
lacrime d’amore. Ecco, d’ora innanzi, presso la mia casa di faggio, dove
tu hai battuto la mazza sgorgherà una sorgente limpida e pura. Sono le
lacrime d’amore della tua bella amata. Potrai venire ogni sera presso la
sorgente per raccogliere nel cavo della tua mano il suo amore:
quell’acqua sono le sue lacrime d’amore per te. La sorgente non
smetterà mai di dare la sua acqua e sarà di conforto per tutti gli
innamorati lontani l’uno dall’altra”.
L’elfo Roncolino con un sorriso se ne andò e non gli apparve più.
Il bel Capitano nel 1918 tornò a casa dalla guerra sano e salvo, sposò
la sua Martina, diventò nonno e bisnonno, mentre la sorgente non cessò
mai di dare quell’acqua freschissima e pura .
Per questa storia
la sorgente fu chiamata dai montanari “ ‘l funtanìn de Rùnch “( la
sorgente di Ronco ) dal nome e in ricordo dell’elfo Roncolino che
ancora oggi aiuta gli innamorati, anche se lontani l’uno dall’altra, a
riabbracciarsi superando ogni traversia e a diventare nonni e bisnonni.
A patto però che uno dei due innamorati beva l’acqua della sorgente del “ funtanìn de Rùnch “ almeno una volta all’anno.
Ezio Maifrè
(dedicato al Signor Pietro Del Simone, con gratitudine)