L'uscita di tutte le navi dal porto di Bordeaux avviene sempre in orario di alta marea, in quanto l'effetto di questa è di diversi metri, cosicché la navigazione sulla Gironda avviene con maggiore sicurezza.
All’uscita delle chiuse del porto di Bordeaux si naviga per un breve tratto lungo il fiume Garonna e poi, dopo l’unione con la Dordogna, l’estuario diventa assai ampio e prende il nome di Gironda. All’incontro con l’oceano Atlantico ,sulla riva sinistra, vi è il paese di Le Verdon e la punta con il capo di De Grave. Il tragitto da Bordeaux a Le Verdon è di circa 70 miglia marine (circa 100 Km) e si svolge tra due rive ben visibili, parte a saline, e parte a fattorie con coltivazioni a vigneto, campi, prati, bestiame al pascolo; insomma, una visione bucolica della terra.
Stiamo navigando nella Gironda verso l’Oceano Atlantico. Nel frattempo, con una pilotina, è salito a bordo il pilota francese che diventa responsabile della navigazione sull’estuario.
La navigazione qui è molto interessante e molto tranquilla perché il fiume e la foce sono molto larghi. Il Comandante è in plancia con il pilota francese, ed il mio diretto superiore il Cap. G.N. è in camera di manovra. Io sono “franco”, ossia non ho posto fisso; infatti inizierò la guardia quando il direttore di macchina mi passerà la consegna; così ho tempo di guardarmi in giro e, chiesto il permesso, salgo in plancia ed appoggiato al corrimano osservo e gusto il paesaggio.
Il sommergibile naviga a mezza forza e come su uno schermo mi scorre davanti la bella e tutta coltivata terra. Si susseguono vigneti, campi, alberi, abitazioni, bestiame in un dolce spettacolo, ed il contrasto tra ciò che siamo e stiamo andando a compiere e la natura che ci circonda è impressionante.
Durante la discesa incontriamo imbarcazioni che risalgono l’estuario ed il pilota francese governa in modo da passare tra secche di sabbia e piccoli isolotti sabbiosi. Sono libero dal servizio e quindi ho il permesso di stare in plancia a godermi il primo viaggio. Essendo libero di muovermi penso di scendere sotto coperta per guardarmi il sommergibile e rivedere il personale in assetto di attività.
Ho detto che il battello ha il nome di MOCENIGO, nome di doge veneziano, ed è un sommergibile oceanico della classe “Marcello”, costruito nei cantieri di Monfalcone dal 1937 al 1938, quindi unità moderna e nuova; disloca 1060 tonnellate in emersione e 1313 t. in immersione. Significa che in superficie pesa circa 1.060.000 kg e vedremo poi perché faccio questa precisazione in kg.
Lasciata la plancia scendo attraverso il portello, che è un foro nel pavimento della plancia di circa sessanta centimetri di diametro; a mezzo di scaletta metallica a pioli si passa in camera d’attacco e attraverso un altro portello in camera di manovra. La camera di manovra è al centro della lunghezza dello scafo e comunica attraverso una porta stagna verso prora ed attraverso un’altra porta stagna verso poppa. Cosa significa porta stagna? E’ una porta molto robusta, come quella delle casseforti, che permette di dividere il sommergibile in reparti stagni, ossia a tenuta di acqua anche per forti pressioni.
Dato che la quota in profondità accettabile (massima) per questo sommergibile era di 100 metri sotto il livello del mare, significa che ogni cmq era atto a sopportare 10 kg. La porta stagna, di forma ovoidale, consente il passaggio tra un reparto e l’altro e per passare attraverso il varco bisogna inclinarsi piegandosi in due a libro. La porta ha una superficie di circa cm. 100x70, può sopportare quindi un carico di 70.000kg., e con la sua chiusura concorre a completare la paratia stagna.
Andando a prora si percorre il corridoio ai cui fianchi ci sono i locali alloggi.
Il Comandante ha la sua “cabina” privata. E’ uno sgabuzzino in cui è sistemata una cuccetta di metri 2 x 0,50, un lavabo ed un tavolino a parete. Il tutto per circa m1,60 x 2,20. Tutte le apparecchiature citofoniche vi fanno capo. Di fronte, sull’altro lato del corridoio, le cabine degli ufficiali. Altri due sgabuzzini delle stesse dimensioni, ma con due cuccette sovrapposte. Poi si incontra il locale R.T., ossia il locale per la ricezione e trasmissione radio, ricerche idrofoniche, trasmettitori e apparecchi vari, che è l’orecchio del sommergibile.
Superata un altra paratia stagna e relativa porta stagna, si giunge all’alloggio sottufficiali. Anche qui spazio ridotto al minimo, con cuccette sovrapposte. Segue la camera di lancio a prora in cui si affacciano le parti retrostanti dei quattro tubi lanciasiluri di prora. Questi tubi alloggiano ciascuno un siluro del diametro di oltre mezzo metro e della lunghezza di oltre quattro. Questi tubi passano lo scafo resistente e si affacciano a destra e a sinistra della prora, in due coppie disposte verticalmente e chiuse all’esterno da un portellone. Nella camera di lancio di prora vi è anche l’alloggio di parte dell’equipaggio e, tra l’alloggio sottufficiali e la camera di prora, vi è un gabinetto.
E ora ritorniamo in camera di manovra centrale ed andiamo verso poppa.
Dopo la solita porta stagna incontriamo la cucina con la sua attrezzatura ed il ripostiglio viveri; oltrepassata la cucina siamo nel locale motori termici: due mostri della ditta Tosi, a otto cilindri ciascuno, del diametro di 45 cm. Ognuno con tutta la strumentazione per l’avviamento, il funzionamento, lo scarico gas, pompa ecc. Attraverso altra porta stagna si giunge nel locale di poppa, dove sono sistemate le manovre dei motori elettrici, i meccanismi del timone di direzione e di quelli orizzontali, i due tubi di lancio siluri di poppa ed il secondo gabinetto di bordo.
All’interno del sommergibile si cammina su un pavimento che si chiama pagliolo e che divide la parte abitabile dalla parte inferiore dove si trova la sentina e in una camera stagna, il deposito di tutti gli accumulatori che forniscono energia elettrica per il funzionamento dei motori elettrici in immersione. La sentina, la parte più bassa dello scafo interno, è il luogo dove si raccoglie l’acqua di filtrazione. Infatti lo scafo resistente, ha molti passaggi all’esterno: i tubi lanciasiluri, i due assi delle eliche, i comandi dei timoni orizzontali sia di prora che di poppa, i tubi dei gas di scarico dei motori termici e passaggi di altre tubazioni tra cui gli scarichi dei gabinetti, per cui c’è sempre una certa quantità d’acqua che entra. Dalla sentina l’acqua che si raccoglie viene espulsa a mezzo di pompe meccaniche o a mano.
Vi assicuro che adempiere alle proprie necessità fisiologiche non è facile. Infatti i gabinetti sono di dimensioni ridottissime. Sono bugigattoli in cui una persona si sistema a fatica, ma il problema è scaricare fuori bordo ciò di cui ci si alleggerisce.
Il gabinetto, essendo all’interno dello scafo resistente è sempre, sia quando il sommergibile è in superficie ed a maggior ragione quando è in immersione, sotto il livello del mare.
Quindi non basta tirare la catena perché tutto sia combinato, ma occorrono varie manovre di valvole e il manovrare una pompa a mano per scaricare il tutto fuori bordo. E ciò comporta sempre lo scherzo del “pivello”.
Ossia il primo insegnamento è giusto, ma poi basta una manovra sbagliata, perché invece di scaricare fuori bordo, ciò di cui ci si è liberati, esso finisca per rientrare schizzato addosso a chi esegue la manovra.
Vi è sempre il dubbio che ad arte, una manovra sia stata insegnata al contrario, ma su ciò rimane il dubbio. Quello che è certo, è che dopo una manovra sbagliata, poi non ci si sbaglia più.
Vale il detto che se ti scotti una volta, poi non ti scotti più.
Ed è naturale che a mia volta fui “pivello”.
A cura di Ezio Maifré (Giovedì prossimo la quinta parte delle "Memorie di un marinaio di montagna")
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