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venerdì 3 dicembre 2010

"LE NOSTRE VIE: IL VIALE EZIO VANONI

Il Viale Ezio Vanoni è il naturale proseguimento del Viale dell’Agricoltura; scorre per il primo tratto all’interno del centro abitato e prosegue, dopo la rotonda di via dell’Artigianato, nella zona industriale di Tirano per terminare all’ingresso della Cartiera. (Di Ivan Bormolini)

Come altri capoluoghi valtellinesi, anche Tirano non ha voluto sottrarsi all’onore di titolare una strada a questo illustre con valligiano che nella sua carriera politica nazionale orientò in modo esemplare lo sviluppo economico e sociale di un Paese che voleva uscire con forza dal dopoguerra e dagli orrori di un Fascismo che aveva violentemente segnato la storia italiana.

Ezio Vanoni nacque a Morbegno nel 1903; nel paese della bassa valle trascorse tutta la sua fanciullezza e l’adolescenza ricevendo dai genitori un’educazione esemplare e strettamente legata a principi cristiani.
Dopo aver completato gli studi presso il Ginnasio di Sondrio nel 1921 Vanoni si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza nell’Università di Pavia dove si laureò nel 1925 sotto la guida del Professore di diritto finanziario Benvenuto Griziotti che, dopo aver considerato il Vanoni un suo discepolo durante gli studi, lo volle come suo collaboratore presso lo stesso ateneo.

Durante la permanenza a Pavia soggiornò presso il collegio Ghislieri usufruendo delle borse di studio per merito: il Ghislieri e l’università pavese, unite ad un solido rapporto di studio che si era instaurato con il Griziotti, costituirono per lo studente Vanoni una sorta di palestra dove si incontravano differenti personalità e dove i dibattiti politici e letterari divennero una grande fonte di elementi formativi che nella loro complessità e nel loro spessore fortemente culturale contribuirono a formare quello che sarebbe divenuto il suo grande pensiero politico.

Oltre a dedicarsi agli studi, in quegli anni Vanoni si impegnò attivamente nell’organizzazione degli studenti socialisti di Pavia dirigendo anche la delegazione del Comitato di Agitazione dopo il delitto Matteotti.
Nel biennio 1927-1928 passa un periodo presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano come titolare della borsa Ellera e nel 1929, su proposta di Einaudi, vinse una borsa di studio che gli consentì di compiere un periodo di perfezionamento in Germania presso le maggiori università tedesche.
Questi anni di studi e di ricerca culminarono con la pubblicazione tra il 1932 ed il 1939 di alcuni volumi e saggi dai contenuti strettamente economici e finanziari come per esempio: “Natura e interpretazione delle leggi tributarie”, “Sul concetto di reddito e finanza”, “Lezioni di diritto finanziario e scienza delle finanze” e “Problemi dell’imposizione e degli scambi”.

Tra gli anni 1933 e 1942 svolse soprattutto attività accademica, dapprima come incaricato a Cagliari, per poi passare a Roma e a Padova; a partire dal 1938 fu anche a Venezia insegnando alla cattedra di Scienze delle finanze presso l’Istituto Superiore di economia e commercio Ca’Foscari.
Nel 1941-42 venne nominato professore ordinario presso la stessa università dove restò fino al 1952 anno in cui accettò la cattedra presso la facoltà di Giurisprudenza a Milano.

Negli anni in cui svolse il lavoro accademico a Roma,tra il 1933 e il 1936, entrò in stretto contatto con il gruppo romano dei democratici cristiani e con Alcide De Gasperi; questo fatto contribuì enormemente alla sua piena maturazione politica in quanto il gruppo, che vedeva nel Vanoni la giuda più autorevole, era attento osservatore della drammatica evoluzione politica del Paese, osservando l’incapacità del regime di risolvere i reali problemi italiani.

La caduta del governo Mussolini e del regime fascista determinò la prima assunzione di responsabilità pubbliche da parte del Vanoni in quanto venne designato come Commissario della Confederazione dei Lavoratori del Commercio; fu in questa veste che firmò “l’Appello alla resistenza” contro l’invasione assieme a molti dirigenti sindacali.

Tra il 1943 ed il 1944 Ezio Vanoni divenne uno dei più attivi studiosi che portò a compimento “Il Codice di Camaldoli”, curando particolarmente il capitolo quinto entro il quale si ricalcarono le direttive ed i criteri che di lì a pochi anni Vanoni avrebbe assunto come canoni nell’attività di uomo di Governo.
Dopo la stesura del Codice, per tutto il periodo che precedette la fine della guerra, partecipò all’elaborazione delle basi economiche del programma democristiano ed ispirandosi ai principi del cattolicesimo sociale e politico diede vita tra il 43 ed il 53 alle opere “Finanza e Giustizia sociale”, “La nostra via”e “Pianificazione economica in regime democratico”.

A partire dal 1945 divenne membro della Direzione della Democrazia Cristiana ed eletto deputato nella Costituente del '46 entrò a far parte della “Commissione dei 75”per la redazione del progetto di Costituzione.
Nel 1947 divenne Ministro del Commercio estero e nel 1948, dopo la pubblicazione del saggio “Problemi del commercio estero italiano”, venne eletto Senatore ricoprendo le cariche di Governo come Ministro delle Finanze e successivamente del Bilancio e del Tesoro.

Nella sua intensa e sentita attività di uomo di Governo, Vanoni ebbe il merito di aver portato al centro della riflessione delle forze politiche e della cultura economica italiana i problemi del rapporto fra Stato e mercato e giustizia sociale.
Non spese molte parole ma nella sua azione di Governo portò fatti concreti facendoli culminare in quello che venne battezzato “Lo schema Vanoni”, ovvero un’attenta e approfondita analisi sulla situazione economica italiana e su quello che lo Stato e gli italiani avrebbero dovuto fare per far sì che il paese progredisse in modo ottimale sia in campo economico sia in ambito sociale.
Lo schema Vanoni dunque si trasformò in un piano di sviluppo nel quale il Ministro durante i Governi De Gasperi si impose il riordino dell’apparato fiscale e l’avvio di una programmazione economica. A tal proposito riportiamo una frase contenuta in un discorso di Vanoni che riassume il suo pensiero:
“Ritengo che non vi sia possibilità di una difesa della libertà e degli istituti democratici là dove viene meno uno dei fondamenti sui quali poggia l’organizzazione dello Stato, cioè la giusta ripartizione dei carichi pubblici fra tutti i cittadini”.

Vanoni era cosciente che il suo piano, per essere realizzato, avrebbe richiesto rigore ed austerità e per questo, in un suo appassionato discorso, ebbe modo di dire:
“Non vi proponiamo strade colme di rose. Chiediamo ad ognuno la sua parte di sacrificio, proporzionato alle sue capacità di sopportazione. Niente miracoli quindi. Impegni ed impegni seri, severi anzi. Questo è il nostro credo …”.

Il 16 febbraio 1956, all’età di cinquantatre anni Ezio Vanoni, dopo aver pronunciato un grande ed accorato discorso che risuonò al Senato come una sorta di testamento morale morì su un divano di una saletta di Palazzo Madama.
A nulla servirono le parole dei medici che lo sconsigliarono di partecipare a quella seduta; Vanoni volle compiere il suo dovere di uomo politico e di statista fino all’ultimo respiro.
Il giorno dopo i giornali commemorarono Vanoni con parole di elogio per la sua carriera di docente e di uomo politico ed eloquenti furono anche le parole scritte sull’autorevole New York Times:
“Vanoni era,in maggior misura di qualsiasi altro uomo politico italiano, vicino ad essere indispensabile e insostituibile”.

Questa frase, indubbiamente lusinghiera, fa comprendere come Vanoni fosse apprezzato anche all’estero e certamente le parole scritte su quelle pagine riassumono meglio di qualsiasi altro commento l’opera di questo grande statista valtellinese, dedicata alla vita all’economia e allo sviluppo del nostro Paese e che culminò con la Riforma Vanoni, vista come una riforma tributaria capace di traghettare l’Italia verso nuovi confini di sviluppo economico e sociale.

Ivan Bormolini

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