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giovedì 21 aprile 2011

LE MEMORIE DI FAUSTO SIDOLI: "RUMORI DI COMBATTIMENTI"

[PARTE 23] Dai dintorni si levano colonne di fumo, si sentono rumori di battaglia, cannonate, esplosioni varie; ci avviciniamo all'imboccatura del porto...

Dai dintorni si levano colonne di fumo, si sentono rumori di battaglia, cannonate, esplosioni varie; ci avviciniamo all'imboccatura del porto e la prima occhiata all'interno ci mostra il porto sconvolto, navi che affiorano dalle acque, banchine cariche di detriti e di materiale in disordine, nessuna nave peschereccio, o rimorchiatore o chiatta è nel porto, tutto è a fondo: si vedono le sovrastrutture affiorare dalle acque. Il comandante esplora il porto per trovare un posto di ormeggio. Vede abbastanza alte sulla acque le sovrastrutture di una nave mercantile e si affianca ad essa, con la prora a banchina. Vi sono un paio di bitte a cui il nostromo dà volta, mentre attracca anche alle sovrastrutture della nave affondata. Una passerella provvisoria consente al Comandante di scendere a terra per andare alla Capitaneria di porto od al comando marina per avere notizie e sapere il da farsi.

Intanto sentiamo continuo rumore di combattimenti in corso, le esplosioni sono continue e varie colonne di fumo si innalzano nelle vicinanze del porto.
Siamo quasi tutti in coperta in attesa degli avvenimenti, quando sulla banchina ingombra di detriti si avvicina velocemente in bicicletta un marinaio che ci chiede, a nome del Comandante della piazza, se abbiamo la possibilità di rifornire di nafta alcuni camioncisterna dell'esercito perché sono senza combustibile ed una sezione di carri armati, ferma nelle vicinanze del porto, sarà presto accerchiata e catturata per l’impossibilità di muoversi. Il D.M. controlla la giacenza che abbiamo a bordo e da risposta positiva. Intanto ordina a noi di approntare le manichette, di inserirle agli attacchi dei doppi fondi per procedere allo svuotamento quando arriveranno le cisterne dell'esercito.

Intanto, con un gruppo di marinai provvedo a sgomberare il molo di detriti ed ostacoli che possono impedire il transito: buttiamo in mare tutto ciò che è grosso ed ingombrante. I capi meccanici e motoristi con i loro reparti organizzano le adatte manichette, collegano i doppi fondi con tubi per inviare aria compressa, così che lo scarico della nafta avvenga in questo modo, senza sporcare le pompe che sono adatte per altro servizio. Vediamo giungere alcune camioncini cisterna del R.E. che giunti sul molo accanto a noi mettiamo sotto caricorovesciando nelle loro cisterne nafta con forte intensità, dato che la inviamo con aria compressa. Nel frattempo arrivano a passo di carica due poliziotti militari che ci alleggeriscono del nostro "ospite" del locale di poppa. Così il nostro arabo rivede il sole e si allontana tra i due M.P.

Stiamo caricando la quarta cisterna, quando vediamo giungere quasi di corsa il nostro Comandante che da lontano ci grida di prepararsi alla partenza, mollare tutto, togliere le manichette.
Senza sapere il perché di tanta fretta eseguiamo l'ordine, si arrotolano le manichette, si prepara l'avviamento dei motori elettrici per la bisogna, tutto l'equipaggio rientra ai posti di manovra e siamo pronti a muovere in un battibaleno. La ragione di tanta fretta e che ci siamo ormeggiati di fianco ad una nave carica di munizioni, e che è stata minata e sta per saltare.
Dalla plancia il Comandante ordina indietro tutta, i cavi sono ancora in acqua, ma dopo una breve retromarcia, con timone a sinistra, il comandante ordina timone tutto a dritta, pari avanti tutta ed al timoniere ordina rotta per uscire dal porto.

Saremo ad un centinaio di metri fuori dal molo principale, quando una esplosione con solenne colonna di fumo e di detriti si alza dal piroscafo presso il quale eravamo ormeggiati. Ora il Comandante deve decidere verso quale porto dirigere, dato che abbiamo di molto ridotto il nostro combustibile, dato che la nostra velocità è ridotta a metà a parità di consumo. Il radiotelegrafista spedisce i telegrammi che il secondo ha cifrato per avere ordini da supermarina, e la comunicazione arriva: dirigete alla baia di Suda (Isola di Creta).
Definita la nuova rotta, viene indicata al timoniere che porta l'ago della girobussola sulla direzione indicata, e fatta immersione, pigliamo il nuovo sentiero.

Facciamo tanto rumore, ma il cammino percorso è poco. Le eliche sbattono l'acqua, ma danno poca spinta. Intanto i nostri feriti sono sempre a bordo, e mi accingo ad una seconda medicazione. Accompagnato da un volonteroso aiutante effettuiamo il giro, li sbendiamo, disinfettiamo i vari buchi, mi sembra che nessuna ferita sia in suppurazione, e con tanta buona volontà li ribendiamo. Le facce dei feriti mi scrutano e ansiosi chiedono notizie di dove andiamo, ne chiedono il perché e sperano di poter arrivare in un posto più sicuro ed avere cure più adeguate. Non ci sono lamentele, anche se nei loro sguardi leggo la preoccupazione di essere in un luogo inusitato, di essere curati da un sottotenente del genio navale, che deve certamente intendersi più di parti meccaniche che non del corpo umano e delle loro ferite. Anche loro soffrono il luogo angusto, la mancanza di aria pulita e sopratutto la mancanza di luce, perché in navigazione siamo sempre con luci deboli.
Arrancando arrancando finalmente si giunge in vista dell'isola di Creta, la contorniamo dalla parte nord, per presentarci all’ingresso della baia di Suda. Non sappiamo cosa si troverà...

A cura di Ezio Maifrè

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